A quante settimane si fa il vera test

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A quante settimane si fa il vera test

Effettuato con un semplice prelievo del sangue materno, il test del DNA fetale permette di individuare alcune anomalie cromosomiche del feto, riducendo il ricorso a esami invasivi come l’amniocentesi e la villocentesi. Vediamo di cosa si tratta e quando è consigliato

L’avvio di una gravidanza può essere accompagnato da mille dubbi, ma quello che più sta a cuore ai genitori è assicurarsi che il figlio sia sano. Oggi la diagnosi prenatale prevede diverse opzioni: i test di screening gratuiti per tutte le future mamme (test combinato con bitest e traslucenza nucale), quelli più invasivi (amniocentesi e villocentesi) per chi ha fattori di rischio e i recenti test genetici non invasivi, come il test del DNA fetale libero.

Alcuni anni fa, con l’avvento dei primi esami per l’analisi del DNA fetale presente nel sangue materno, si pensava che la nuova tecnica avrebbe presto soppiantato amnio e villocentesi. Di fatto le ha solo ridimensionate, perché non si tratta di un esame diagnostico, bensì di screening, che non fornisce cioè un responso in termini di certezza ma valuta il rischio e la probabilità di determinate alterazioni. Quindi, richiede comunque il ricorso alle indagini invasive per conferma se l’esito segnala un rischio alto. Ora che il test è disponibile su tutto il territorio nazionale e migliaia di donne lo utilizzano, vediamo come è cambiato il panorama della diagnostica prenatale nel nostro Paese. Ecco le risposte ai dubbi più comuni sul test del DNA fetale.

Test del DNA fetale: a cosa serve?

L’esame, conosciuto anche con l’acronimo NIPT, che sta per Non Invasive Prenatal Testing, si basa su una scoperta del 1997. A partire dalla quinta settimana di attesa, nel sangue materno circolano frammenti di DNA fetale. Intorno alla decima settimana raggiungono una concentrazione tale da poter essere analizzati con gli strumenti oggi disponibili. La tecnica è stata messa a punto e validata da uno studio multicentrico denominato “Non-Invasive Chromosomal Evaluation” (NICE) ed è disponibile in Italia dal 2013.

Il test del DNA fetale consiste, quindi, in un prelievo di sangue materno con il quale si analizza il DNA fetale libero, cioè quella quota ridotta di materiale genetico che dal sangue fetale confluisce nel circolo materno. Trattandosi di un prelievo di sangue, il test è assolutamente innocuo sia per la mamma che per il bambino.

In quale epoca si esegue?

Si può effettuare a partire dalla decima settimana di gravidanza, ma è consigliabile aspettare l’undicesima, quando è più probabile che la quantità di DNA fetale confluita nel sangue materno sia sufficiente per essere isolata e quindi analizzata. Nulla vieta di farlo anche più tardi, fino alle 16 settimane di gravidanza, ma si perderebbe il vantaggio della precocità della diagnosi. L’esito dell’analisi, di norma, è disponibile una decina di giorni dopo il prelievo.

Come viene esaminato il DNA fetale?

Il campione viene inviato a un laboratorio e analizzato. Grazie a un sistema sofisticato di genetica molecolare, si fa il cosiddetto sequenziamento selettivo, cioè si osserva la disposizione dei nucleotidi che, con il loro alternarsi, determinano le caratteristiche del DNA di ciascuno di noi. In particolare, delle 23 coppie di cromosomi che compongono il nostro corredo genetico, si vanno ad analizzare quattro coppie: la 21, la 18, la 13 e i cromosomi del sesso.

Che cosa permette di scoprire?

Indagando le quattro coppie di cromosomi, l’analisi consente di individuare le anomalie cromosomiche che li riguardano: la trisomia 21 o sindrome di Down, la trisomia 18 o sindrome di Edwards, la trisomia 13 o sindrome di Patau e le cromosomopatie del sesso (Turner per la femmina e Klinefelter per il maschio). Ma anche alcune delle più comuni microdelezioni, cioè l’assenza di un tratto di un cromosoma, che possono determinare patologie più rare. Si possono inoltre individuare alcune malattie genetiche, come la fibrosi cistica e la sordità congenita.

Test DNA Fetale: quando farlo?

Secondo le società scientifiche, il test del DNA fetale andrebbe effettuato come secondo step, dopo il test combinato, nel caso si sia ottenuta una percentuale di rischio aumentata.
Il test combinato, offerto gratuitamente a tutte le future mamme, è già uno strumento di screening prezioso. Valuta, infatti, in modo congiunto una serie di fattori (età della mamma, misurazione della translucenza nucale tramite ecografia e valori di due proteine placentari) per calcolare il rischio che il feto sia affetto dalla sindrome di Down e da altre anomalie cromosomiche (trisomia 13 e 18), le stesse indagabili poi con la ricerca del Dna fetale.
L’obiettivo del test del DNA fetale è quello di ridurre il ricorso inappropriato a test invasivi, come l’amniocentesi e la villocentesi, che infatti oggi risulta in calo.

Test DNA fetale: può sbagliare?

Il NIPT è un test di screening avanzato, con una sensibilità del 99% per la trisomia 21 (e lievemente inferiore per le altre trisomie), ma non è non un test diagnostico, come amniocentesi e villocentesi. Questo è dovuto al fatto che il Dna fetale presente nella circolazione materna non deriva direttamente dal feto, ma dalla placenta. Ci sono, poi, condizioni patologiche materne che possono alterarne il risultato.

In pratica, il test del DNA fetale fornisce un’indicazione di basso rischio o di alto rischio, e non la certezza della diagnosi. È avanzato perché la sua sensibilità e specificità sono di molto superiori a quelle degli altri test non invasivi come translucenza nucale e bitest. Se il risultato del NIPT è negativo, è quasi certo che l’embrione non sia affetto da quelle anomalie cromosomiche. Se il risultato è positivo, bisogna confermarlo con l’amniocentesi o la villocentesi, perché esiste un margine di errore possibile, anche se minimo.

Quando si ha il risultato, si fa in tempo a fare la villocentesi?

Se il test si effettua all’undicesima settimana, il risultato arriva in genere in una decina di giorni, in tempo per la villocentesi, che si esegue tra la decima e la tredicesima settimana. Altrimenti, se ci si trova a una settimana più avanzata, si può fare l’amniocentesi. Se l’esito del test del DNA fetale è positivo, villocentesi o amniocentesi vengono comunque offerte gratuitamente dal SSN, anche se la donna ha un’età inferiore a 35 anni.

Il test manderà “in pensione” villocentesi e amniocentesi?

Al momento ancora no, per diversi motivi. Innanzitutto, perché con il test del DNA fetale si controllano solo quattro coppie di cromosomi, sebbene siano quelle dove si riscontra la gran parte delle patologie, mentre villocentesi e amniocentesi consentono di indagare l’intero assetto cromosomico. Inoltre, in caso di gravidanze gemellari è meno sensibile: l’esame invasivo è l’unico che può dirci con precisione se entrambi i gemelli sono ammalati, oppure quale dei due è sano. Infine, c’è quel rischio di errore dell’1%. In ogni caso, il ricorso a villocentesi e amniocentesi sta andando incontro a una drastica riduzione.

In pratica, a chi è consigliato il test?

Il test del DNA fetale rappresenta un’opportunità in più per quanto riguarda lo screening prenatale. Pur essendo possibile proporlo a tutte le donne in attesa, trova la sua massima indicazione per quelle future mamme a cui la diagnosi prenatale invasiva non è consigliata. Ad esempio, perché hanno meno di 35 anni, non presentano fattori di rischio (come uno screening anomalo o anamnesi positiva per alterazioni genetiche) o perché, per problematiche varie, il prelievo dei villi coriali o del liquido amniotico potrebbe provocare un rischio maggiore di aborto.

Ma può essere consigliato anche in caso di età materna avanzata, anomalie ecografiche o precedenti gravidanze con anomalie cromosomiche, gravidanze singole (o di due gemelli in sacchi gestazionali distinti) ottenute con diverse tecniche di fecondazione assistita.

Qual è il costo dell’indagine?

Il test ha costi variabili tra i 500 e i 1.000 euro. Viene effettuato principalmente presso centri privati (tranne qualche ospedale che lo offre gratuitamente o a prezzi calmierati) che inviano il campione di sangue a laboratori accreditati presenti ormai anche in Italia.

Non è rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale, che invece raccomanda e offre gratuitamente a tutte le future mamme lo screening basato su esame ecografico della translucenza nucale e bitest ematico che, pur essendo gravato da una maggior percentuale di falsi positivi e negativi, risulta più economico. In caso di alto rischio evidenziato dal test del DNA fetale o da translucenza e bitest, l’amniocentesi per la conferma della diagnosi è a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

A livello regionale, però, la situazione è molto variegata. In qualche caso l’esame è gratuito, in altri viene proposto a un prezzo calmierato e/o gratis in base al reddito.

Dove fare il test del DNA fetale

È fondamentale che il test sia eseguito in centri che rispondano ai requisiti richiesti dalle Linee Guida del Ministero della Salute (maggio 2015). In particolare, i centri che erogano il test devono: avere competenze nella diagnosi ecografica e prenatale, essere in grado di offrire la consulenza pre e post-test ed essere collegati con laboratori certificati e sottoposti a controlli di qualità. Per sapere dove effettuare il test, è importante quindi informarsi con attenzione presso il proprio medico curante o il punto nascita che segue la gravidanza.

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In quale settimana si fa Il vera test?

Il test Vera Prenatal Test® viene eseguito appena dalla 10a fino alla 24a settimana di gestazione e dimostra sensibilità e specificità eccellenti per la maggior parte delle trisomie prevalenti.

Quanto è attendibile Il vera test?

L'attendibilità per i cromosomi sessuali è del 99%. Per ciò che concerne le delezioni e le alterazioni cromosomiche strutturali non è possibile attualmente avere una stima realistica dell'attendibilità del test a causa dei pochi campioni positivi analizzati.

Come si fa a capire se il feto è sano?

La morfologia del feto viene valutata per mezzo dell'ecografia, che ha il compito di accertare la normalità degli organi escludendo la presenza di malformazioni.

Cosa si vede dal Vera test?

Vera Prenatal test® è un esame prenatale non invasivo che, analizzando il DNA fetale libero circolante isolato da un campione di sangue materno, valuta la presenza di aneuploidie fetali comuni in gravidanza, quali quelle relative al cromosoma 21 (Sindrome di Down), al cromosoma 18 (Sindrome di Edwards), al cromosoma 13 ...