Cosa vedere in alto adige in inverno

In cover, Merano (BZ) vista dal fiume Passirio © alexanderkonsta/Adobestock

Attraversando il Trentino fino all’Alto Adige, ci si accorge che le montagne sono le protagoniste di ogni vista. Sempre presenti, addossate, vicinissime, sullo sfondo, zigrinate, sassose, soffici di candore, imponenti e rassicuranti come uno sguardo familiare. Incuneata com’è tra Svizzera, Austria, Lombardia e Veneto, questa regione gode di una singolare posizione geografica. Le Alpi centrorientali ne caratterizzano quasi costantemente i profili, su cui spiccano solenni le Dolomiti occidentali. Con i gruppi del Puez, delle Odle e del Sella, lo Sciliar, il Sassolungo, la Marmolada e le Pale di San Martino: montagne cariche di storia, leggendarie imprese alpinistiche e un diffuso turismo all’aria aperta, nella natura incontaminata.

Ma anche di città da scoprire, piene d’arte antica e contemporanea, castelli, chiese affrescate, campanili a clessidra, musei inaspettati, portici tessuti come labirinti e panorami su tetti spioventi. Vale la pena abdicare qualche giorno alle piste da scie percorrerle, lentamente, respirando l’inverno che emanano, per scoprirne il loro ritmo urbano. Da Trento a Merano con sosta a Bolzano, su uno dei nuovi treni regionali che fermano a pochi minuti dai centri cittadini, dopo essersi addentrati tra gole e valli, seguendo alcuni dei tanti itinerari proposti dalla Guida Giunti per Trenitalia I Regionali da vivere. Trentino-Alto Adige in treno.

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Piazza Duomo, Trento © rudi1976/Adobestock

TRENTO MITTELEUROPEA

Fuori dalla stazione di Trento una luce fredda e chiarissima abbaglia, come si addice a un autunno inoltrato. Di quelli brizzolati di neve e con le punte imbiancate intorno. In piazza Dante, sotto la statua del Sommo, al mercatino bio dei produttori locali, le casse piene di mele fanno percepire ritmi sostenibili, a stretto contatto con i lunghissimi e ordinati filari di frutta e vigneti incontrati subito fuori dalla città. Basta attraversare il parco con laghetto per imboccare una delle vie che dritte arrivano in piazza Duomo. Il centro storico, delimitato tra l’Adige e il suo affluente Fersina, è un pugno stretto colmo di palazzi affrescati, piazzette che si susseguono, stratificazioni archeologiche, dedali di vicoletti. Ai due estremi, una fortezza e una torre: il Castello del Buonconsiglio, antica sede dei principi-vescovi, affrescato col Ciclo dei mesi e scene di vita trecentesca. Dall’altra parte, affacciata sul fiume, la merlata Torre Vanga, costruzione del periodo medievale.

Ma è arrivando al Duomo che si percepisce l’atmosfera vagamente mitteleuropea di una tipica piazza del nord, piena di caffè e ad alta intensità di architetture, stili e ricchezza urbanistica. La riempie la lunga navata della Cattedrale di San Vigilio, pachiderma di pietra romanico-gotico adagiato sul selciato e tatuato dal rosone del transetto, e dal turrito Palazzo Pretorio, oggi sede del Museo diocesano. Al centro la fontana del Nettuno zampillante e, a far da sfondo, sempre montagne alte.

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Fontana di Nettuno, Trento © Vladimir Ovchinnikov/Adobestock

STRUDEL, ARTE E SCIENZA

Vagando per la zona pedonale abitata e viva, ci si imbatte in un Teatro Sociale, gallerie d’arte e pasticcerie storiche, come la Bertelli, dove assaggiare strudel profumati. E, dalle tante librerie presenti, si scopre che la provincia di Trento è tra quelle in cui si legge di più. Da visitare la Viaggeria, adatta agli spiriti erranti, specializzata in guide turistiche, mappe, mappamondi e testi di narrativa da viaggio. Il Polo museale dedicato all’arte contemporanea è presente, qui, con la Galleria civica, che ospita mostre di artisti legati al territorio e ha il suo fulcro al Mart di Rovereto. Dove, sotto la cupola di vetro e acciaio, fino a febbraio, è possibile visitare una grande esposizione dedicata a Fortunato Depero e, dal 17 dicembre, Canova tra innocenza e peccato.

Quindici minuti a piedi, seguendo il corso dell’Adige e, superato il cimitero monumentale, si raggiunge un’area stretta tra la linea ferroviaria e il fiume, piena di scienza, arte, orti didattici, prati verdeggianti, campi sportivi e dimore storiche.

È l’ex area Michelin recuperata con la costruzione dell’avveniristico Muse, il Museo delle scienze progettato da Renzo Piano con forme geometriche appuntite che seguono i profili alpini: quattro piani di percorsi didattici dove scoprire la vita sulla Terra, dal sole al clima, fino alle biodiversità. Accanto, il cinquecentesco e affrescato Palazzo delle Albere, un tempo villa nobiliare e oggi sede di mostre temporanee, ospita fino al 27 febbraio una gigante e rossa sagoma di cervo, tra le opere di Selvatici e salvifici. Gli animali di Mario Rigoni Stern, la rassegna piena di poesia, dedicata agli abitanti del bosco amati e raccontati dallo scrittore-montanaro.

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Scorcio di via dei Portici, Bolzano © Ingo Bartussek/Adobestock

BOLZANO, TRA GOTICO E PORTICI

Anche il treno regionale, spingendosi a nord, corre nella vallata fluviale, in direzione di Bolzano lasciandosi alle spalle boschi fitti, frutteti, spicchi di altura alternati a quadrati pianeggianti ben coltivati. A Bozen, la “capitale” altoatesina in tedesco, i sapori si fanno più forti, le passeggiate più lunghe, le chiese più acuminate. L’ideale è visitarla in una tarda mattinata di sole, a cavallo del pranzo da liquidare con un brezel da strada ripieno di speck saporito. La parte storica è un fazzoletto da percorrere a piedi in poco tempo, toccando tutte le tappe che caratterizzano la cittadina altoatesina. Partenza dalla via dei Portici, i Lauben, l’arteria dei negozi incastonati sotto le volte dei porticati, delle case antiche che si arrampicano su e dentro intrecci di cunicoli, scale interne e dalle facciate con stucchi a tinte cromate.

Da lì si arriva direttamente in piazza Erbe dove ogni giorno, all’alba, si aprono le bancherelle verdi dell’antico mercato, cariche di frutta, verdura e gastronomia locale, dove comprare gli spätzle, gnocchetti di spinaci, o gli schlutzkrapfen, i ravioli a mezza luna. Poco oltre, il museo civico Stadtmuseum, dimora di Ötzi, la mummia dell’Età del Rame rinvenuta tra i ghiacciai della Val Venosa. Le linee gotiche del corpulento Duomo lasciano senza fiato, appena entrati in piazza Walther. Psichedelico ed enorme il tetto decorato a losanghe verdi, gialle e bianche alla maniera di quello delle cattedrali di Basilea e Vienna, appuntito il campanile, mentre dentro danze di archi a tutto sesto spingono verso l’alto e ospitano pulpiti tardo gotici. Se lo si circumnaviga ci si trova in uno slargo – piazza della Parrocchia – esposta al sole e dove, osservando a terra, si notano le fondamenta della chiesa di San Niccolò, rasa al suolo dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Si riconosce l’abside circolare, piccolo e raccolto.

Dietro l’angolo c’è anche la chiesa dei Domenicani, in cui vale la pena entrare per ammirare un cielo stellato blu elettrico e una Madonna con il bambino in un rudimentale marsupio. Sono scene del ciclo degli affreschi che saturano completamente la cappella di San Giovanni, realizzati da maestranze di scuola giottesca ispirate presumibilmente alla cappella degli Scrovegni di Padova. 

Dalla parte opposta alla diagonale cittadina si trova, invece, il convento Francescano. Lo si riconosce perché fanno da sentinella al complesso alti cipressi che spuntano all’improvviso in mezzo alla via. Il chiostro, lungo e poco battuto, merita di essere percorso a passo lento.

Un’altra Bolzano, invece, si apre appena fuori dalla parte vecchia. Ci si trova sulla Talvera e sul ponte omonimo che porta al Monumento alla vittoria dove, faccia a nord, si gode di una vista che fa respirare gli occhi. Parchi fino all’orizzonte, che nei giorni festivi si riempiono di sportivi e, sullo sfondo, declivi tempestati di castelli, chiesette e funivie che si alzano gradualmente fino a diventare altopiani e poi Dolomiti. Dal ponte parte il Lungotalvera, passeggiata inzuppata dai colori del foliage autunnale che si spinge per qualche chilometro fino al castello di Roncolo, una sorta di piccolo Central Park con l’aria più cristallina e alti pioppi al posto dei grattacieli.

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Piazza Walther e Duomo di Bolzano © e55evu/Adobestock

MERANO BACIATA DAL SOLE

Le panchine di Merano sono in legno e ferro, di solito laccate di bianco. Le si trovano ovunque, in centro, lungo il fiume, durante le escursioni e sembrano raccontare la qualità della vita in questa città alpina dell’Alto Adige. Ritmi energici ma non forsennati, clima mite, cibo e vino buoni e la possibilità di muoversi soprattutto a piedi, per lavoro, studio o semplicemente per camminare, in ogni stagione dell’anno, lungo uno dei tanti anelli pedonali che l'attraversano. Dalla passeggiata Tappeiner, che corre sopra i tetti della città, ci si rende conto di come Merano si estenda in una conca perfetta, sempre esposta al sole, scavata tra la Val Venosta e la Val Passiria e chiusa in un saldo abbraccio del gruppo dei Monti Tessa. Alta solo 320 metri sopra il livello del mare, baciata dalla luce e protetta dai venti freddi che arrivano da Innsbruck, gode sempre di una temperatura dolce. La città si crogiola in questa posizione tanto piacevole che le dona profili montanari innestati su un rigoglioso paesaggio mediterraneo. Così palme e grandi ficus coabitano con castagni e querce secolari, terrazze urbane ospitano orti d’erbe officinali o filari di viti mentre poco oltre si infittiscono i boschi.

In basso, lungo il torrente Passirio, si snoda la camminata più cittadina, tra l’antico ponte romano e quello di ferro, per poi allungarsi nell’assolata passeggiata d’Inverno. 

Sull’altra sponda, superata la porta Passiria, ci si addentra nel piccolo quartiere di Steinach, il rione più antico della cittadina tirolese, risalente al XII secolo, quando ancora si commerciava per le vie fluviali legando le imbarcazioni fuori dalla porta. Una piccola rete di vicoletti e scale in pietra si issano su pettate rocciose contro cui si addossano le case storiche. Oggi è abitato da creativi che qui hanno aperto atelier, studioli, piccole gallerie e sede di un lungo graffito pubblico, che mai t’aspetteresti, con personaggi fantastici in bianco e nero opera di due dei più famosi street artist del mondo, Blu ed Ericailcane.

Un po’ oltre si incontra piazza Duomo, con la cattedrale di San Nicolò e l’aguzzo campanile di oltre 80 metri, uno degli esempi più antichi dell'architettura gotica tirolese del ‘300. All'interno affreschi, sculture bibliche e arredi in legno scuro, in contrasto a grandi vetrate colorate. Accanto alla chiesa si trova il Palais Mamming Museum, che vanta una collezione d'arte locale, oltre a una mummia egizia e la maschera mortuaria di Napoleone. La lunga via dei Portici, cannocchiale naturale puntato sulle montagne, è la parte più animata di Merano, piena di negozi e ristorantini e abitata da un continuo via vai. Sotto le volte anche due interessanti spazi culturali: il Kunst Meran, dedicato al contemporaneo, che fino al 13 febbraio ospita la collettiva The poetry of translation, e il Museo delle donne con la storia di pioniere ed eroine.

Sulla sponda sinistra del Passirio, invece, si staglia la moderna struttura in acciaio e vetro delle Terme, con le benefiche acque ricevute dal monte San Vigilio: una cittadina del benessere colma di piscine, saune e un grande parco. In questo periodo, fino alla Befana, si possono visitare anche i mercatini di Natale con le tipiche casette in legno, le bancarelle d’artigianato e le lanterne accese, dove sorseggiare vin brûlé o assaggiare canederli, gulasch e croccanti ciambelle alle mele. Seduti su una tipica panchina bianca.

Articolo tratto da La Freccia

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