20 Novembre 2013
Con la riforma Fornero, una volta esperite correttamente le procedure previste dall’art. 7 della Legge 604/1966,nel caso del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, oppure dall’art. 7 della Legge 300/1970, nel caso del licenziamento disciplinare, il datore di lavoro può far decorrere la cessazione del rapporto dalla data:
– di avvenuta ricezione da parte del lavoratore della comunicazione di attivazione della procedura ex art. 7 Legge 604/1966. In tal caso, il periodo di lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato;
– di avvenuta ricezione da parte del lavoratore della contestazione ex art. 7 Legge 300/1970. Nel caso in cui, nelle more di questo procedimento:
a) il lavoratore sia stato sospeso dal lavoro (sospensione cautelare non disciplinare) con decorso della retribuzione, se la sanzione disciplinare adottata sarà del licenziamento per giusta causa (cioè senza preavviso), il datore di lavoro potrà trattenere dalle competenze di fine rapporto le somme relative al periodo di sospensione cautelare e, se nel frattempo avrà versato i contributi previdenziali ed assicurativi, potrà richiederne la restituzione agli Enti di competenza;
b) il lavoratore sia stato mantenuto in servizio ed al lavoro, se la sanzione disciplinare adottata sarà del licenziamento per giustificato motivo soggettivo (cioè con preavviso) il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato.
LEGGE 28 giugno 2012 , n. 92 – Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.
Articolo1 – Disposizioni generali, tipologie contrattuali e disciplina in tema di flessibilita’ in uscita e tutele del lavoratore – comma 41
41. Il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, oppure all’esito del procedimento di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 40 del presente articolo, produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo e’ stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennita’ sostitutiva; è fatto salvo, in ogni caso, l’effetto sospensivo disposto dalle norme del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela della maternita’ e della paternita’, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Gli effetti rimangono altresi’ sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato.
Il licenziamento disciplinare
Preliminarmente, è necessario considerare come la maggior parte dei licenziamenti ricadano nella fattispecie del licenziamento disciplinare, in quanto il licenziamento viene solitamente irrogato in ragione di:
- “mancanze” del lavoratore
- inadempimenti del dipendente agli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà (di cui agli Artt. 2104 e 2105 Cod. Civ. ).
Esulano dalla fattispecie del licenziamento disciplinare, infatti, le seguenti ipotesi:
- licenziamenti collettivi
- licenziamenti per giustificato motivo oggettivo
- licenziamenti cd. economici (determinati da “ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” L. n. 604/1966)
- licenziamento per impossibilità totale a rendere la prestazione lavorativa
- licenziamento per superamento del periodo di comporto.
Pertanto, ogni risoluzione del rapporto di lavoro che sia la conseguenza di mancanze o inadempimenti agli obblighi sopra richiamati da parte del lavoratore, integra l’ipotesi del licenziamento disciplinare (più precisamente l’unanime giurisprudenza e dottrina lo definisce “licenziamento ontologicamente disciplinare”).
Oltretutto, deve considerarsi che il licenziamento dovuto a mancanze o inadempimenti del lavoratore, assume, di per sé, il carattere di (massima) sanzione disciplinare:
- sia nell’ipotesi di licenziamento per giusta causa
- sia nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo
Il licenziamento, quale atto espulsivo, presuppone la necessità che il datore di lavoro proceda preliminarmente alla contestazione dell’addebito al lavoratore per consentirgli il diritto di difesa.
Al riguardo, si applica la procedura di cui all’Arr. 7 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970).
Solo una volta portata a termine tale procedura il datore, ove ritenuto sussistente il fatto e proporzionale allo stesso la sanzione espulsiva, potrà decidere di recedere dal contratto di lavoro in conseguenza dell'addebito disciplinare.