Dopo 6 mesi di malattia mi spetta la disoccupazione

Come funziona il licenziamento per malattia? Quali sono le cose da tenere in considerazione per le aziende nel 2022?

Quando si parla di gestione delle Risorse Umane, le modalità in cui vengono analizzati i singoli rapporti lavorativi e la valutazione della performance individuale sono due fra gli aspetti più importanti tra azienda e dipendente dal punto di vista operativo.

In alcune circostanze, a causa di diverse situazioni contingenti, manager e responsabili HR si possono ritrovare nella necessità di dover prendere dei provvedimenti nei confronti dei propri dipendenti. Queste decisioni possono far seguito a dei comportamenti non giustificabili da parte di questi ultimi o da alcune mancanze rispetto al loro dovere di impegno e diligenza.

Il caso che vorremmo analizzare nello specifico il caso in cui vi sia la possibilità di procedere al licenziamento di un dipendente per malattia, ovvero nella situazione in cui lo stato prolungato o ingiustificato di malattia di un dipendente porti all’interruzione del rapporto di lavoro.

In questo articolo, vediamo insieme quindi cosa si intende con licenziamento per malattia, come funziona e quali sono le varie casistiche possibili nel 2022.

Sommario

  1. Rischio di licenziamento per malattia: differenze con l’infortunio
  2. Licenziamento per malattia: diritti e obblighi del lavoratore
  3. Ipotesi di licenziamento per malattia: ecco quando può avvenire
  4. Licenziamento malattia per superamento del periodo di comporto
  5. Licenziamento per scarso rendimento causato da malattia
  6. Licenziamento per malattia prima della scadenza del periodo di comporto
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Rischio di licenziamento per malattia: differenze con l’infortunio

Prima ancora di addentrarci nella casistica specifica è importante ricordare che spesso è facile fare confusione tra malattia e infortunio sul lavoro. Anche se entrambi comportano l’assenza sul posto di lavoro da parte del dipendente, ci troviamo di fronte a due fattispecie diverse.

L’infortunio sul lavoro è costituito da ogni lesione originata, in occasione di lavoro, da una causa violenta che determini l’inibizione totale o parziale della capacità lavorativa del dipendente o, nei casi più estremi, un danno biologico permanente, o addirittura la morte della persona stessa.

Gli elementi fondanti dell’infortunio sul lavoro sono la lesione, la causa violenta e l’occasione di lavoro.

Parlando specificatamente di diritto del lavoro, al contrario, la malattia rappresenta uno stato di alterazione della salute fisica del dipendente tale da provocare l’assoluta o parziale incapacità dello stesso di svolgere la propria attività lavorativa.

Vediamo quindi come si parla di alterazione non necessariamente provocata da una causa violenta, avvenuta a prescindere dal luogo in cui il dipendente si trova (e quindi non necessariamente scaturita sul posto di lavoro).

Licenziamento per malattia: diritti e obblighi del lavoratore

Cosa accade quindi in caso di malattia del lavoratore dipendente? Va detto che, in caso di malattia, la normativa italiana tutela il lavoratore sia per quanto riguarda:

  • la conservazione del proprio posto di lavoro, garantendo a quest’ultimo il diritto di assentarsi dal posto di lavoro lavoro per un determinato lasso di tempo nel corso del quale il datore di lavoro non avrà la possibilità di procedere al licenziamento
  • il mantenimento dell’introito economico, riconoscendogli il diritto a percepire la normale retribuzione o un’indennità di malattia, calcolate in quantità e durata in base agli accordi particolari tra azienda e dipendente, dalle norme previste dai CCNL di riferimento o, in ultima istanza, dal giudice assegnato secondo equità.

In base ai vari casi specifici l’onere di corrispondere la retribuzione viene sostenuto integralmente dal datore di lavoro, mentre nella maggior parte dei casi è l’INPS ad erogare l’indennità di malattia, che può essere a sua volta integrata o meno dal datore di lavoro.

Periodo di comporto

Uno degli elementi fondamentali da considerare all’interno delle situazioni riguardanti la malattia dei dipendenti è il cosiddetto periodo di comporto. Con periodo di comporto ci si riferisce al lasso di tempo entro il quale il datore di lavoro non può in alcun modo licenziare il dipendente per malattia.

Il periodo di comporto non è mai fisso. È nella maggior parte dei casi di 180 giorni, ma può variare in base allo specifico CCNL di riferimento in base al settore o alla posizione del lavoratore.

Licenziamento per malattia e adempimenti del lavoratore

Come è lecito aspettarsi, in caso di malattia il dipendente è tenuto a rispettare alcuni obblighi per vedere garantito il proprio diritto alla conservazione del posto e della retribuzione. 

Innanzitutto, il dipendente dovrà comunicare in maniera tempestiva al datore di lavoro la propria assenza per malattia. Sarà il singolo CCNL a stabilire caso per caso i tempi esatti entro i quali questa comunicazione dovrà avvenire.

In seguito, il dipendente dovrà sottoporsi già dal primo giorno di assenza per malattia, a un controllo sanitario da parte del proprio medico curante, il quale provvederà a rilasciare il relativo certificato medico. Nel caso specifico in cui la malattia comporta per il lavoratore stesso un’assenza dal lavoro superiore a 10 giorni complessivi, il certificato dovrà essere rilasciato esclusivamente da un medico del Servizio Sanitario Nazionale

In terza battuta, il medico trasmetterà per via telematica all’INPS il certificato relativo al dipendente con le indicazioni sull’inizio e sulla durata pronosticata dell’assenza per malattia che, che a sua volta, si incaricherà di inoltrarlo al datore di lavoro. Il dipendente sarà obbligato a fornire, se richiesto, il numero di protocollo identificativo del certificato di malattia comunicato dal medico.

👉 Sai come devono comportarsi i datori di lavoro in caso di quarantena e malattia? Qui ti spieghiamo tutti i dettagli riguardo al funzionamento della quarantena e degli eventuali giorni di malattia.

Assenza ingiustificata ai controlli

Per quanto riguarda gli eventuali controlli periodici, il dipendente avrà l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale durante tutta la durata della malattia, comprese le domeniche e i giorni festivi, all’interno delle fasce di reperibilità stabilite dalla normativa. Lo stato di malattia può essere verificato, su richiesta del datore di lavoro o dell’INPS, solo da apposite strutture sanitarie pubbliche (ASL o INPS).

In caso di assenza ingiustificata alla prima visita di controllo, il lavoratore perde il diritto all’indennità economica per i primi dieci giorni di malattia. L’assenza ingiustificata alla seconda visita di controllo causa, oltre alla sanzione precedente, anche la riduzione del 50% dell’indennità economica spettante per il periodo successivo ai primi 10 giorni e sino alla conclusione del periodo di malattia.

Infine se il lavoratore risulta assente ingiustificato anche alla terza visita di controllo, la corresponsione dell’indennità di malattia a carico dell’INPS viene sospesa.

Ipotesi di licenziamento per malattia: ecco quando può avvenire

Come abbiamo accennato poco fa, il lavoratore dipendente ha diritto ad un’indennità economica e a conservare il proprio posto di lavoro in caso di malattia, all’interno del cosiddetto periodo di comporto.

Esistono due situazioni, però, nelle quali si può configurare la possibilità di un licenziamento per malattia:

  • Licenziamento per malattia per superamento del periodo di comporto, ovvero nel caso in cui l’assenza si estenda oltre il periodo di comporto massimo previsto
  • Licenziamento per scarso rendimento causato da malattia, ovvero nel caso in cui la performance del lavoratore si abbassi drasticamente a seguito di un periodo di malattia

Licenziamento malattia per superamento del periodo di comporto

Partiamo dal caso più facile e comune: il cosiddetto “licenziamento per malattia prolungata”. Il Codice Civile prevede che il datore di lavoro possa licenziare il dipendente nel caso in cui l’assenza dovuta a malattia si estenda oltre al periodo di comporto previsto dalla legge, dal relativo CCNL o da accordi tra le parti.

In linea generale i contratti collettivi nazionali prevedono un periodo di comporto che aumenta con l’aumentare dell’anzianità di servizio e dell’inquadramento. I due principali tipi di comporto previsti sono:

  • Comporto secco: numero massimo consecutivo di giorni di assenza per malattia (con riferimento ad un unico periodo malattia)
  • Comporto per sommatoria: somma del numero massimo di giorni di assenza per malattia relativi ad un dipendente in un determinato arco di tempo (riferito, quindi, anche a periodi di malattia diversi).

All’interno del comporto vengono calcolati anche i giorni festivi, mentre non si calcolano i giorni di assenza per malattia o puerperio.

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Licenziamento per troppi giorni di malattia: cosa accade al termine del periodo previsto

Una volta trascorso il periodo di comporto, il datore di lavoro può licenziare il dipendente se l’assenza stessa si estende. Una delle caratteristiche fondamentali di questo tipo di licenziamento sta nel fatto che l’azienda non ha bisogno di dimostrare l’esistenza di giusta causa o giustificato motivo per procedere al licenziamento. Il trascorrere del periodo di comporto è condizione sufficiente.

Esiste, ad ogni modo, una situazione particolare nella quale anche il superamento del periodo di comporto non è sufficiente a permettere all’azienda di procedere al licenziamento dei dipendenti. Stiamo parlando della malattia causata dell’ambiente di lavoro nocivo, in quanto questo evento dipende in parte dal datore di lavoro stesso, il quale non ha provveduto a prevenire o eliminare il fattore di rischio.

Ci riferiamo a casi nei quali l’ambiente di lavoro non sia salubre, qualora vi sia stato un infortunio sul lavoro o non siano state adottate tutte le misure di sicurezza necessarie, nei casi in cui la malattia derivi da una situazione di stress da lavoro psicofisico riconducibile a mobbing. Il lavoratore avrà l’onere di dimostrare il nesso causale tra la malattia e le situazioni descritte.

Una volta che il periodo di comporto è trascorso il datore di lavoro può comunque procedere al licenziamento per malattia anche nel caso in cui il lavoratore sia rientrato in servizio, in quanto accettare la prestazione non comporta la rinuncia al potere di recesso dal rapporto lavorativo. Sarà ovviamente necessario che il datore di lavoro dimostri il nesso causale tra il licenziamento e il superamento del periodo di comporto, a condizione che il recesso sia tempestivo.

👉 Leggi anche “Mobbing sul lavoro: cos’è, cosa dice la legge, cosa fare e come provarlo”.

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Licenziamento per assenza malattia e ferie

Un’altra situazione che si potrebbe presentare è quella nella quale un lavoratore dipendente, tramite un’apposita richiesta scritta da presentare prima della scadenza del periodo di comporto, richieda espressamente che l’assenza per malattia venga convertita in assenza per ferie, utilizzando l’ammontare di ferie arretrate a disposizione.

In questo modo il calcolo del periodo di comporto si interrompe. Il datore di lavoro può rifiutarsi di convertire il periodo di malattia in periodo di ferie, a condizione che dimostri di aver tenuto in considerazione il diritto fondamentale del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro, nonostante abbia dato priorità alle esigenze organizzative e produttive dell’impresa stessa.

Licenziamento per scarso rendimento causato da malattia

Veniamo ora alla seconda delle due casistiche che permettono il licenziamento per malattia da parte del datore di lavoro.

Mentre il licenziamento causato dal superamento del periodo di comporto rappresenta una situazione prevista espressamente dalla legge (nello specifico dal Codice Civile) il licenziamento per scarso rendimento causato da malattia ha un’origine maggiormente legata alla giurisprudenza.

Il licenziamento per scarso rendimento diviene possibile nei casi in cui l’assenza del lavoratore paralizza il funzionamento dell’impresa stessa, provocando un grave danno dal punto di vista produttivo.

Se la malattia del dipendente, infatti, genera un comprovabile danneggiamento dei meccanismi produttivi, immobilizza l’attività produttiva stessa o obbliga l’impresa a ricercare necessariamente un sostituto, il datore di lavoro può licenziare per malattia prima del superamento del periodo di comporto.

Questo tipo licenziamento per malattia viene legittimato anche nei casi di malattia cronica (ovvero assenze ripetute per brevi periodi) a condizione che il malato abbia un rendimento basso sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.

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Licenziamento per malattia prima della scadenza del periodo di comporto

Cosa accade nel caso in cui il datore di lavoro decida di procedere al licenziamento per malattia anche se il periodo di comporto previsto non è ancora trascorso?

A seguito della cosiddetta “Riforma Fornero”, la quale è andata ad agire drasticamente sulle modalità all’interno delle quali possono essere esercitati i licenziamenti, nelle aziende con più di 15 dipendenti, la normativa prevede attualmente che nel caso in cui il datore di lavoro proceda al licenziamento per malattia di un lavoratore violando il diritto di quest’ultimo di conservare il proprio posto di lavoro durante il periodo di comporto, tale datore di lavoro verrà condannato a reintegrare il lavoratore.

Oltre a questo, l’azienda dovrà anche corrispondere un’indennità a titolo di risarcimento, la quale non sarà ad ogni modo superiore a dodici mensilità totali.

Per quanto riguarda, invece, le aziende con meno di 15 dipendenti la situazione non è cambiata a seguito dell’introduzione della Riforma Fornero: l’eventuale licenziamento realizzato prima della scadenza del periodo di comporto previsto continuerà, quindi, ad essere considerato come nullo in quanto disposto in violazione di quanto previsto dall’articolo 2110 del Codice Civile.

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Isotta è Content Marketing Specialist in Factorial ed è appassionata di comunicazione, copywriting, social media e HR. Ama la natura, viaggiare e giocare a pallavolo.

Chi viene licenziato per malattia ha diritto alla disoccupazione?

Il lavoratore che di colpo si trovi a doversi licenziare per una sopraggiunta malattia invalidante non può percepire la Naspi o disoccupazione perché - come dice la legge - il licenziamento deve provenire dall'azienda e non dal lavoratore.

Cosa succede quando si superano i 6 mesi di malattia?

2110 c.c. dispone che l'imprenditore può recedere dal contratto, e quindi licenziare il lavoratore, nel caso in cui l'assenza per malattia superi un periodo (c.d. “periodo di comporto”) stabilito dalla legge, dai contratti collettivi, o in via residuale, dagli usi.

Quanto incide la malattia sulla disoccupazione?

La Naspi non spetta per i periodi di CIG a zero ore e malattia senza integrazione. Il Ministero del Lavoro ha chiarito con una nota del 20 marzo 2015 che nel computo dei mesi per la durata della Naspi non saranno considerati i periodi di CIG a zero ore o di malattia senza integrazione del datore di lavoro.

Quanto tempo si può stare a casa in malattia?

La durata del cosiddetto periodo di comporto viene definita dalla contrattazione collettiva applicata ed è generalmente quantificata in 180 giorni per anno civile. In ogni caso, il periodo di assenza dal lavoro per malattia è inoltre computato nell'anzianità di servizio del lavoratore.

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