Poteri del sindaco in materia di sicurezza urbana

18 luglio 2017 |

La sicurezza urbana e i suoi custodi (il sindaco, il questore e il prefetto)

Un contributo interdisciplinare sul c.d. decreto Minniti

Contributo pubblicato nella Rivista Trimestrale 4/2017

Abstract. Il d.l. n. 42/2008, convertito con modificazioni nella l. n. 48/2017 (c.d. decreto Minniti sulla sicurezza urbana), costituisce l’ultima tappa di un cammino ormai decennale, caratterizzato dal moltiplicarsi di soggetti e poteri funzionali alla tutela della sicurezza urbana. Le varie misure in commento sono riconducibili ad un proteiforme diritto punitivo municipale, di difficile catalogazione ma di sicuro impatto sui diritti costituzionali. L’analisi, svolta a più mani, si concentra sui profili penali, criminologici e amministrativi della nuova disciplina, per poi interrogarsi sul suo significato politico-criminale, sugli antecedenti storici e sul suo complessivo significato culturale.

SOMMARIO: : 1. L’impianto della legge n. 48/2017, la nozione di “sicurezza urbana” e le sanzioni previste per la sua violazione. – 1.1. La tutela dei luoghi. – 1.2. Sanzioni per i parcheggiatori abusivi. – 1.3. Gli interventi sulla sospensione condizionale della pena. – 1.4. È applicabile l'art. 650 c.p. ai trasgressori dei provvedimenti amministrativi a tutela della sicurezza urbana? – 2. Sicurezza integrata e sicurezza urbana: quale benessere per la comunità? – 2.1. Verticalità temperata e ambiti della sicurezza integrata. – 2.2. Tra segnali di degrado e marginalità sociale: gli obiettivi dei patti. – 2.3. Sicurezza versus welfare: una via securitaria al benessere della comunità. – 3. I rimodulati poteri di ordinanza del Sindaco. – 3.1. L’ordine di allontanamento dell’organo accertatore. – 3.2. Le disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di immobili. – 4. Sicurezza urbana e ordinanze sindacali. Novità o continuità con il passato? – 5. Le pressioni della storia. – 6. Topologie di eccezione.

SOMMARIO: 1. Le ordinanze sindacali in materia di sicurezza urbana dopo il D.L. 12 novembre 2010, n. 187 (Misure urgenti in materia di sicurezza), convertito dalla L. 17 dicembre 2010, n. 217. - 2. La sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 4 aprile 2011. - 3. Il procedimento di emanazione delle ordinanze di cui all’art. 54 T.U.E.L. Il ruolo del Prefetto - 4. Il divieto di sporcare le pubbliche vie e di depositare e abbandonare nel territorio comunale mozziconi e cenere di sigaretta, frammenti di carta ed altro materiale di dimensioni contenute

    1. Le ordinanze sindacali in materia di sicurezza urbana dopo il D.L. 12 novembre 2010, n. 187 (Misure urgenti in materia di sicurezza), convertito dalla L. 17 dicembre 2010, n. 217

Il D.L. 23 maggio 2008, n.92, convertito in L. 24 luglio 2008, n.125 (recante Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), ha modificato profondamente l’art.54 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), incentrando il potere sindacale di ordinanza sulla finalità di prevenire o eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumità pubblica o la sicurezza urbana[1] ed eliminando ogni precedente riferimento alle materie (sanità e igiene, polizia locale ed edilizia) in cui detto potere poteva, almeno in origine, essere esercitato. Significative modificazioni all’art. 54 del citato D.Lgs. n. 267/2000 sono state, inoltre, apportate dal D.L. 12 novembre 2010, n. 187 (anch’esso recante Misure urgenti in materia di sicurezza), convertito dalla L. 17 dicembre 2010, n. 217. In particolare, l’art. 54 D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nella formulazione conseguente all’intervento del menzionato D.L., statuisce quanto segue:

a) il Sindaco, quale Ufficiale di Governo, adotta, con atto motivato, provvedimenti anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana;

 b) tali provvedimenti debbono essere preventivamente comunicati al Prefetto, anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione;

c) un apposito Decreto del Ministro dell’Interno disciplina l’ambito di applicazione delle disposizioni normative relative alle ordinanze in questione, anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana;

 d) nel caso in cui i provvedimenti adottati dai Sindaci comportino conseguenze sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei Comuni contigui o limitrofi, il Prefetto indìce un'apposita conferenza alla quale prendono parte i Sindaci interessati, il Presidente della Provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato dall'intervento;

e) il Sindaco segnala alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione Europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dallo Stato;

 f) in casi di emergenza, connessi al traffico o all'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, il Sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando le relative ordinanze;

g) se le ordinanze sono rivolte a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il Sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui siano incorsi;

h) al fine di assicurare l'attuazione dei provvedimenti adottati dai Sindaci, il Prefetto, ove le ritenga necessarie, dispone le misure adeguate per assicurare il concorso delle Forze di polizia, fermo restando l’obbligo degli stessi Sindaci di comunicare preventivamente all’Autorità Prefettizia i provvedimenti suddetti. Nell'ambito delle funzioni esercitate dal Sindaco come Ufficiale di Governo, il Prefetto può disporre, comunque, ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati nonché per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale;

i) l’adozione delle ordinanze spetta a chi sostituisce il Sindaco, nonché – su delega del Sindaco stesso, previa comunicazione al Prefetto - al Presidente del Consiglio Circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il Sindaco può conferire la delega a un Consigliere Comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni;

l) in caso d’inerzia del Sindaco o del suo delegato nell'esercizio delle funzioni di ordinanza, il Prefetto può intervenire con proprio provvedimento;

 m) il Ministro dell'Interno può adottare atti di indirizzo per l'esercizio, da parte del Sindaco, delle funzioni di Ufficiale di Governo.

Finalità preminente delle ordinanze di cui all’art. 54 D.Lgs. n. 267/2000 è quella di potenziare gli strumenti a disposizione del Sindaco, attraverso un delicato bilanciamento tra le prerogative statali in tema di sicurezza pubblica e l’esigenza di valorizzare, anche in tale ambito, il ruolo degli Enti locali. La ratio dell’ampliamento del potere di ordinanza va ravvisata nell’esigenza di introdurre più efficaci e più agili strumenti per disciplinare comportamenti rispetto ai quali i tradizionali strumenti di intervento si sono rivelati inefficaci o inapplicabili a normativa vigente[2]. Nel sistema prefigurato dal D.L. 12 novembre 2010, n. 187, convertito, come si è detto, dalla L. 17 dicembre 2010, n. 217, il potere sindacale di ordinanza (originariamente circoscritto alle situazioni contingibili e urgenti e, da utilizzare, comunque, nei limiti della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento giuridico) è stato ampliato per disciplinare anche situazioni non aventi i caratteri della contingibilità e dell’urgenza purché vengano comunque osservati i limiti delineati dalla legislazione vigente, come il rispetto del principio di gerarchia delle fonti e della riserva di legge. Lo stesso art. 54 ha rimandato ad un apposito Decreto Ministeriale per le definizioni di incolumità  pubblica e di sicurezza urbana: Decreto emanato dal Ministro dell’Interno il 5 agosto 2008. In particolare, ai sensi dell’art. 1 del D.M. Interno 5 agosto 2008, per incolumità pubblica deve intendersi l'integrità fisica della popolazione e per sicurezza urbana un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell'ambito delle comunità locali, nel rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale. Secondo quanto disposto dal citato articolo, il Sindaco interviene per prevenire e contrastare:

a) le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l'insorgere di fenomeni criminosi, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili e i fenomeni di violenza legati anche all'abuso di alcool;

b) le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscono la fruibilità e determinano lo scadimento della qualità urbana;

c) l'incuria, il degrado e l'occupazione abusiva di immobili tali da favorire le situazioni indicate ai punti a) e b);

d) le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, in particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo pubblico;

e) i comportamenti che, come la prostituzione su strada o l'accattonaggio molesto, possono offendere la pubblica decenza anche per le modalità con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo degli spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o pericoloso l'accesso ad essi.  

 2. La sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 4 aprile 2011

Con sentenza n. 115 del 4 aprile 2011[3], la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 54, comma 4, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dall’art. 6 del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della L. 24 luglio 2008, n. 125, “nella parte in cui comprende la locuzione «, anche» prima delle parole «contingibili e urgenti»”. In particolare, la norma censurata, “nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti – pur non attribuendo agli stessi il potere di derogare, in via ordinaria e temporalmente non definita, a norme primarie e secondarie vigenti – viola la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge”. In altre parole, l’art. 54, comma 4, T.U.E,L. è stato ritenuto illegittimo laddove consente ai Sindaci di emanare ordinanze per disciplinare situazioni che sfuggono ai requisiti della contingibilità e dell’urgenza (anche se nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento) ed attribuisce loro “il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur non potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico, genericamente identificato dal legislatore nell’esigenza «di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana»”. Inoltre, sempre secondo la Corte Costituzionale, l’art. 54, comma 4, T.U.E.L. non si rivela conforme all’art. 97 Cost., in quanto, nel caso di specie, l’imparzialità della pubblica amministrazione non è garantita ab initio da una legge posta a fondamento, formale e contenutistico, del potere sindacale di ordinanza. Per dimostrare che le ordinanze in questione devono, in ogni caso, conformarsi al principio della riserva di legge (relativa) contenuto nell’art. 23 Cost. - secondo il quale nessuna prestazione, personale o patrimoniale, può essere imposta se non in base alla legge - il Giudice delle Leggi pone in essere un vero e proprio sillogismo giuridico:

1. In generale, l’esigenza che, in ogni conferimento di poteri amministrativi, sia osservato il principio di legalità sostanziale, posto alla base di uno Stato di diritto, implica che non può essere consentita “«l’assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa, che produce l’effetto di attribuire, in pratica, una «totale libertà» al soggetto od organo investito della funzione”. In buona sostanza: “Non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione amministrativa”.

2. L’art. 23 della Costituzione Repubblicana, ispirata ai principi fondamentali della “legalità” e della “democraticità” dell’ordinamento, richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta se non in base alla legge. Anche se tale riserva di legge ha carattere relativo (lasciando all’autorità amministrativa consistenti margini di regolazione delle fattispecie) “non relega tuttavia la legge sullo sfondo, né può costituire giustificazione sufficiente per un rapporto con gli atti amministrativi concreti ridotto al mero richiamo formale ad un prescrizione normativa ‘in bianco’, genericamente orientata ad un principio-valore, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell’azione amministrativa limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini”. Anche l’imposizione coattiva di obblighi di non fare rientra, a ben considerare, nel concetto di “prestazione”, in quanto, “imponendo l’omissione di un comportamento altrimenti riconducibile alla sfera del legalmente lecito, è anch’essa restrittiva della libertà dei cittadini, suscettibile di essere incisa solo dalle determinazioni di un atto legislativo, direttamente o indirettamente riconducibile al Parlamento, espressivo della sovranità popolare”.

3. Le ordinanze sindacali di cui all’art. 54 TUEL sono destinate ad incidere sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, “pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati”. Ne consegue che esse devono conformarsi al principio della riserva di legge (relativa) contenuto nell’art. 23 Cost., in forza del quale – giova ripetere - la legge che attribuisce ad un determinato ente il potere di imporre una prestazione non può lasciare la determinazione della prestazione all’arbitrio dell’ente impositore “ma è quanto meno necessario che la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione”.

Operata tale articolata argomentazione propedeutica, la Corte Costituzionale osserva che il D.M. Interno 5 agosto 2008 (Incolumità pubblica e sicurezza urbana: definizione e ambiti di applicazione), “atto amministrativo a carattere generale”, se può assolvere alla funzione di indirizzare l’azione del Sindaco (che, in quanto Ufficiale del Governo, è sottoposto ad un vincolo gerarchico nei confronti del Ministro dell’interno), regolando i rapporti tra autorità centrale e periferiche nella materia, “non può soddisfare la riserva di legge, in quanto si tratta di atto non idoneo a circoscrivere la discrezionalità amministrativa nei rapporti con i cittadini. Il decreto, infatti, si pone esso stesso come esercizio dell’indicata discrezionalità, che viene pertanto limitata solo nei rapporti interni tra Ministro e sindaco, quale ufficiale del Governo, senza trovare fondamento in un atto avente forza di legge”. Sarebbe stato necessario, piuttosto, che le limitazioni e gli indirizzi contenuti nel citato D.M. fossero incluse in un atto di valore legislativo: sarebbe stato possibile, in tal modo, “valutare la loro idoneità a circoscrivere la discrezionalità amministrativa dei sindaci. Nel caso di specie, al contrario, le determinazioni definitorie, gli indirizzi e i campi di intervento non potrebbero essere ritenuti limiti validi alla suddetta discrezionalità, senza incorrere in un vizio logico di autoreferenzialità”. Come si è accennato, la Corte Costituzionale rileva, inoltre, la violazione dell’art. 97 Cost., che istituisce anch’esso una riserva di legge relativa, allo scopo di assicurare l’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto in via generale previsto dalla legge: nel caso di specie, invece, “l’imparzialità dell’amministrazione non è garantita ab initio da una legge posta a fondamento, formale e contenutistico, del potere sindacale di ordinanza. L’assenza di limiti, che non siano genericamente finalistici, non consente pertanto che l’imparzialità dell’agire amministrativo trovi, in via generale e preventiva, fondamento effettivo, ancorché non dettagliato, nella legge”.  

3. Il procedimento di emanazione delle ordinanze di cui all’art. 54 T.U.E.L. Il ruolo del Prefetto

A seguito dell’intervento della sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 2011, le ordinanze di cui all’art. 54 T.U.E.L. possono essere emanate soltanto nelle ipotesi di contingibilità ed urgenza e debbono, conseguentemente, avere una durata limitata nel tempo. Si ritiene utile rammentare, al riguardo, che la durata limitata nel tempo è una caratteristica intrinseca alla stessa nozione di contingibilità e urgenza e che, per consolidata giurisprudenza, il Sindaco, nell’adozione di provvedimenti sindacali contingibili ed urgenti, ha l’onere di verificare, caso per caso, l’impossibilità di utilizzare i normali strumenti previsti dall’ordinamento giuridico[4]. Più in generale, il Sindaco, ogni volta che fa uso del potere di ordinanza attribuitogli dall’art. 54 D.Lgs. n. 267/2000, è chiamato a valutare attentamente il rispetto del principio di proporzionalità, in modo tale che la salvaguardia dell’interesse pubblico sia effettuata con il minor sacrificio di quelli privati[5]. Nella formulazione testuale dell’ordinanza, un rilievo determinante spetta alla motivazione, la quale deve essere particolarmente rigorosa e deve specificare, “con sufficiente determinatezza”, la sussistenza dei presupposti legittimanti la sua emanazione. In ogni caso, al potere di ordinanza il Sindaco non dovrebbe mai ricorrere al fine di introdurre nell’ordinamento comunale norme generali e astratte, che troverebbero una più idonea collocazione nei regolamenti dell’Ente. L’utilizzo dello strumento dell’ordinanza per introdurre norme generali e astratte potrebbe tradursi, infatti, in una sostanziale elusione delle garanzie di rappresentatività del Consiglio Comunale, organo cui la legge affida, in generale, il potere regolamentare. Nella concreta disciplina delle ordinanze ex art.54 D.Lgs. n. 267/2000, il Prefetto:

  •   riceve, dal Sindaco, comunicazione preventiva dello schema di ordinanza (comma 4);
  •  in caso di conseguenze su Comuni contigui o limitrofi, indìce apposite conferenze alle quali partecipano i Sindaci interessati, il Presidente della Provincia e, se ritenuto opportuno, altri soggetti pubblici e/o privati (comma 5);
  • al fine di assicurare l'attuazione dei provvedimenti adottati dai Sindaci, dispone - ove le ritenga necessarie - le misure adeguate per assicurare il concorso delle Forze di polizia e può disporre, inoltre, ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati ai Sindaci come Ufficiali di Governo nonché per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale (comma 9);
  •  riceve comunicazione dell’eventuale delega dell’esercizio dei poteri di ordinanza a Presidenti di Circoscrizioni o, in assenza di queste, a Consiglieri Comunali (comma 10);
  • interviene, con propri provvedimenti, “anche in caso di inerzia” nell’esercizio dei poteri di ordinanza (comma 11);
  •  può esercitare poteri di annullamento (cfr. Cons. Stato, sent. n. 3076 del 2008).

In buona sostanza, il Prefetto è chiamato a esercitare un ruolo che non si esaurisce in un mero potere di vigilanza e di controllo ma si traduce in una vera e propria azione di coordinamento e di armonizzazione degli interventi dei vari Sindaci del territorio provinciale, la cui esigenza si rivela in tutta la sua pienezza allorché un Sindaco emani un’ordinanza comportante conseguenze su territori contigui: in tale ipotesi è, appunto, il Prefetto che dovrà attivare la conferenza finalizzata a contemperare le esigenze dei diversi Comuni e delle diverse collettività locali. Si tratta di un’ipotesi tutt’altro che teorica, se si considera che, non di rado, l’azione di contrasto esercitata da un Comune nei confronti di un determinato fenomeno, più che la sparizione definitiva, ne determina un semplice spostamento geografico. Essendo adottate dal Sindaco nella qualità di Ufficiale di Governo, le ordinanze in questione sono soggette, secondo regole tradizionali, ai poteri di annullamento, da parte del Prefetto, sia in sede di autotutela amministrativa che in sede di tutela giustiziale[6].  

 4. Il divieto di sporcare le pubbliche vie e di depositare e abbandonare nel territorio comunale mozziconi e cenere di sigaretta, frammenti di carta ed altro materiale di dimensioni contenute  

 Con ordinanza n. 39 del 3 febbraio 2010, successivamente prorogata, il Sindaco di Roma ha disposto, tra l’altro, il divieto, ai sensi dell’art. 3, comma 6, della L. 5 luglio 2009, n. 94, di “sporcare le pubbliche vie in modo tale da alterare le caratteristiche della superficie stradale , sia pure temporaneamente ed in modo non irreversibile”. Il divieto è stato motivato con l’esigenza di tutelare e migliorare il decoro urbano, quest’ultimo inteso alla stregua di “integrità e pulizia delle strade, piazze, marciapiedi, elementi dell’arredo urbano, edifici pubblici e privati, giardini, parchi, monumenti e fontane”e, più in particolare, dall’esigenza di “prevenire e contrastare fenomeni di degrado urbano”. Ordinanze di analogo tenore sono state emanate anche in altri Comuni del territorio nazionale, tra i quali (solo per citarne alcuni) Parma, Trento, Trapani e Varese. Sotto il profilo prettamente giuridico-formale, le situazioni cui si riferiscono le ordinanze cui si è or ora fatto cenno possono essere fatte tranquillamente rientrare tra quelle contemplate dal D.M. Interno 5 agosto 2008: vengono, infatti, previsti comportamenti suscettibili di determinare un pregiudizio al patrimonio pubblico, di impedirne la fruibilità, di provocare lo scadimento, l'incuria e il degrado della qualità urbana nonché un’alterazione del decoro urbano. Pertanto, purché vengano osservate le prescrizioni della Corte Costituzionale per quel che concerne la presenza dei requisiti della contingibilità e dell’urgenza e, di conseguenza, una durata limitata nel tempo (legata ai suddetti requisiti), il Sindaco ben può fare uso del potere di ordinanza per prevenire e contrastare particolari situazioni che mettono in pericolo la sicurezza urbana, purché, caso per caso, dia contezza della rilevata impossibilità di utilizzare i normali strumenti previsti dall’ordinamento giuridico (come, per esempio, i regolamenti comunali). Tuttavia, al riguardo, occorre anche svolgere alcune considerazioni di ordine giuridico-sostanziale che creano notevoli perplessità in ordine alla legittimità di tali provvedimenti. In primo luogo, la Corte costituzionale ha stabilito in maniera abbastanza chiara il principio secondo cui la materia dell’ordine e della sicurezza pubblica spetta in via esclusiva allo Stato, in quanto, per il carattere stesso che le norme in materia di sicurezza si propongono di raggiungere, l’ordinamento non può consentire una diversificazione dei relativi interventi su base territoriale. Pertanto, tutto quello che concerne la determinazione di una condotta illecita deve ritenersi di esclusiva potestà dello Stato. Ciò posto, se l’art. 54 T.U.E.L., attribuisse al Sindaco il potere di incidere, con propri provvedimenti, sulla repressione di condotte illecite, si porrebbe in contrasto con i precetti costituzionali che attribuiscono tale potestà in via esclusiva allo Stato[7]. Inoltre, come pure si è avuto modo di accennare al paragrafo precedente, al potere di ordinanza il Sindaco non dovrebbe mai ricorrere al fine di introdurre norme generali e astratte, le quali troverebbero una più idonea collocazione nei regolamenti comunali. Il surrettizio utilizzo dello strumento dell’ordinanza sindacale allo scopo di introdurre norme generali e astratte si tradurrebbe, infatti, in una sostanziale elusione delle garanzie di rappresentatività del Consiglio Comunale, organo al quale l’art. 42 T.U.E.L. attribuisce, in generale, il potere regolamentare, e determinerebbe, inevitabilmente, l’illegittimità del provvedimento emanato per violazione di legge. Piuttosto, soprattutto alla luce della richiamata pronuncia della Corte Costituzionale, l’utilizzo del potere di ordinanza di cui all’art. 54 T.U.E.L. dovrebbe intendersi limitato a specifiche situazioni, di carattere contingibile ed urgente (e per ciò stesso temporaneo), interessanti il territorio comunale sotto il profilo della incolumità dei cittadini e della sicurezza urbana, non altrimenti normate o normabili in modo unitario attraverso la potestà regolamentare attribuita al Consiglio Comunale. Il divieto di “depositare rifiuti o materie di qualsiasi specie, insudiciare e imbrattare comunque la strada o le sue pertinenze” e quello di “insozzare la strada o le sue pertinenze gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento”, in realtà, sono già contenuti nell’art. 15, comma 1, lett. f) e lett. f-bis D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada), come modificato dall’art. 5, L. 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale). ll fenomeno potrebbe essere, pertanto, adeguatamente contrastato attraverso una puntuale applicazione di norme già presenti nell’ordinamento giuridico, e ciò anche allo scopo di evitare che uno stesso fatto venga ad essere sanzionato da una molteplicità di disposizioni, con conseguenti problemi di natura esegetica ed applicativa in ordine alle disposizioni da applicare nei singoli casi. A conferma di tale ultimo assunto, si ritiene utile richiamare in questa sede l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che, non a caso, reputa non configurabile il reato di cui all'art. 650 c.p. (Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità), nel caso di inottemperanza ad un'ordinanza del Sindaco con la quale, a tutela della sicurezza della circolazione, venga ingiunto lo sgombero di materiali depositati sulla sede stradale, dal momento che il deposito di tali materiali è già previsto e sanzionato, in via amministrativa, proprio dall'art. 15, commi 1, lett. f), 2 e 3, D.Lgs 30 aprile 1992 n. 285, che commina anche la sanzione amministrativa accessoria dell'obbligo, per l'autore della violazione, di provvedere al ripristino dei luoghi a proprie spese; obbligo che forma oggetto di ingiunzione prefettizia ai sensi dell'art. 211, comma 3, del citato D.Lgs. n. 285 del 1992, alla cui eventuale inosservanza fa seguito, ai sensi del successivo comma 4, l'esecuzione dei lavori di ripristino a cura dell'ente proprietario della strada, con addebito delle spese all'obbligato[8].        

 ----------------------------------------------------------------------------------------------------- [1] Sul concetto di sicurezza urbana, cfr. PAJNO A. (a cura di), La sicurezza urbana, in www.atrid-online.it. [2] Cfr. VANDELLI, Le ordinanze del sindaco in materia di sicurezza urbana, in www.astrid-online.it. [3] Il testo integrale della sentenza è reperibile sul sito web www.cortecostituzionale.it. [4] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 maggio 2007, n.2109; Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2007, n.6366 [5] cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2003, n.1990 [6] Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 19 giugno 2008, n. 3076, secondo cui, nello svolgimento delle funzioni esercitate in qualità di ufficiale del governo, come quelle in materia di ordine e sicurezza pubblica, il sindaco è in rapporto di dipendenza dal prefetto, il quale ha un potere di annullamento d’ufficio degli atti adottati dal primo, che risultino essere illegittimi o che comunque minino l’unità di indirizzo ed il coordinamento prefettizio dei compiti e delle attività degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza nella provincia. [7] Corte Costituzionale, sentenze nn. 290/2001, 407/2002,428/2004 e 95/2005. [8] Corte di Cassazione, sez. I, sentenza n. 3623 del 10 settembre 1998.  

Quando il sindaco e autorità di pubblica sicurezza?

L'autorità di pubblica sicurezza è provinciale e locale. Sono autorità provinciali il Prefetto ed il Questore. È autorità locale, in ciascun comune, il funzionario preposto all'ufficio di pubblica sicurezza. Nei comuni dove non esiste un ufficio di pubblica sicurezza, è autorità locale il Sindaco o chi ne fa le veci.

Quali sono i compiti di un sindaco?

Il sindaco nomina i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuisce e definisce gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna. nel rispetto della normativa vigente, nonché dello statuto e regolamenti comunali. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le sopra citate funzioni.

Chi è responsabile della sicurezza in una città?

ART. 15. (Autorita' locali di pubblica sicurezza) Sono autorita' locali di pubblica sicurezza il questore nel capoluogo di provincia e i funzionari preposti ai commissariati di polizia aventi competenza negli altri comuni.

Che cosa si intende per sicurezza urbana?

Per sicurezza urbana si intende il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale e culturale, e recupero delle aree o dei siti degradati, l'eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la ...