Il reddito di cittadinanza può essere pignorato

Il reddito di cittadinanza può essere pignorato

Vi sono ancora dei dubbi se il reddito di cittadinanza è pignorabile oppure no, ma cosa dice la Legge in merito? Quali sono i casi in cui un creditore può rivalersi sul bonus mensile elargito al debitore?

Dopo tante perplessità, con il Decreto Sostegni si è ritenuto ingiustificato il pignoramento del reddito di cittadinanza, vista la misura d’emergenza nei confronti di quelle famiglie con evidenti difficoltà economiche.

A causa però, di una mancanza regolamentare, il reddito di cittadinanza fino a qualche mese fa poteva essere confiscato qualora si manifestasse un debito in corso non ancora estinto (sia nel caso in cui non venga dato il mantenimento all’ex partner sia se fosse presente un debito con il Fisco).

Oggi però, grazie ad una manovra politica, confermiamo in via ufficiale che il reddito di cittadinanza è impignorabile.

Il caso di Trani sul pignoramento del Reddito di cittadinanza

A decretare la sentenza di pignorare il RDC, era stato un caso accaduto presso il Tribunale di Trani. Dove il giudice, seppur abbia citato l’articolo 545 del Codice di procedura civile, aveva dichiarato che questo bonus è anche “strumento di politica attiva del lavoro” e non soltanto un bonus per cibare i bisognosi.

Nell’articolo 545 è scritto esplicitamente, che qualsiasi indennità alimentare non potrà essere impugnata dai creditori. Ma come già detto, secondo il giudice questo non era contemplato, perché il RDC non viene visto come unica somma di denaro per risolvere la “povertà” nelle famiglie.

Dato che il Reddito di Cittadinanza è un importo economico erogato alle famiglie meno abbienti, pignorare l’unico reddito che possiedono sarebbe moralmente scorretto, ma per via del vuoto che c’era da colmare nella normativa, in alcune sentenze è stato pignorato.

Il reddito di cittadinanza è impignorabile

“Inaccettabile e gesto disonesto”, questo fondamentalmente è stato il messaggio del capogruppo del Movimento 5 Stelle, Lunio Valerio Romano, che si è espresso sulla vicenda per mettere a posto la normativa poco chiara.

Secondo Romano inoltre, nonostante il RDC permetta di acquistare un insieme di cose più ampie rispetto a quelle previste tra i beni essenziali, è pur sempre un fondo economico destinato a quelle famiglie bisognose che non arrivavano a fine mese.

Ecco quindi, che tale sussidio viene reso formalmente impignorabile o aggredibile dai creditori che vorrebbero rivalersi nei confronti del debitore.

Anche i ristori saranno impignorabili

Va detto che al momento, tale “vacatio normativa” sulla pignorabilità del Reddito di Cittadinanza e altre forme di sussidio economico è in corso d’opera. Ma tra le modifiche di Legge, vi sarà anche l’impossibilità di aggredire i bonus erogati per aiutare chi si è in trovato in difficoltà per la pandemia del Covid-19.

Anche i ristori di conseguenza, saranno resi impignorabili, proprio come il Reddito di Cittadinanza. Le effettive modifiche avranno luogo nella Gazzetta Ufficiale italiana, dove verrà pubblicata la nuova legge di conversione del Decreto Sostegni.

Attualmente non c’è una data certa su quando Reddito di Cittadinanza e Ristori verranno aboliti dai crediti pignorabili. Quello che si sa, è che le modifiche sono in corso e il capogruppo del movimento politico, Romano, ha già deciso quanto scritto.

Non va confusa (come spesso accade), la pensione di cittadinanza con il reddito di cittadinanza. La pensione infatti, è già un credito non pignorabile poiché l’importo spetta esclusivamente agli anziani aventi una disabilità grave oppure in caso di non autosufficienza.

Lo Stato può riprendersi il Reddito di cittadinanza nel caso in cui il percettore non riesca a saldare un debito con il Fisco oppure non versi quanto dovuto all’ex coniuge in caso di divorzio.

Lo ha disposto un’ordinanza del tribunale di Trani: in contrasto con quanto disposto dalla normativa applicata finora, il Reddito di cittadinanza è pignorabile.

Reddito di cittadinanza pignorabile, cosa dicono i giudici

Nell’ordinanza, si legge che “deve ritenersi pignorabile, senza l’osservanza dei limiti di cui all’ articolo 545 del Codice di procedura civile, il Reddito di cittadinanza, stante l’assenza nel testo del decreto istitutivo di qualunque riferimento alla natura alimentare di detto reddito ed il carattere predominante di misura di politica attiva dell’occupazione”.

Reddito di cittadinanza pignorabile, cosa significa

L’ordinanza cita l’articolo 545 del Codice di procedura civile che elenca i crediti che non possono essere pignorati. Tra questi ci sono i crediti alimentari ed i sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri.

Il tribunale di Trani si è espresso sul caso di una coppia divorziata giunta davanti al giudice perché l’ex marito non versava l’assegno di mantenimento all’ex moglie. L’ordinanza ha accolto il ricorso della donna e ha stabilito che l’uomo deve pagare all’ex coniuge una parte del sussidio che riceve dallo Stato. Anzi, non lo farà lui direttamente: lo farà l’Inps, che tratterrà ogni mese dal Reddito di cittadinanza l’importo fissato dal giudice e lo girerà all’ex moglie.

Secondo il giudice, il Reddito di cittadinanza “può essere utilizzato per i bisogni primari delle persone delle quali il titolare ha l’obbligo di prendersi cura, anche se non fa più parte dello stesso nucleo famigliare”. Nel valutare la possibilità di pignorare il Reddito di cittadinanza – si legge nell’ordinanza – deve tenersi conto di questi elementi:

  • la definizione contenuta nella norma che istituisce il sussidio quale misura “contro la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro e della libera scelta del lavoro”;
  • l’assenza nel decreto di qualunque riferimento alla natura alimentare del reddito di cittadinanza, anzi da non essere considerata vista la platea di beneficiari esclusi dal novero dei beneficiari, tra cui, ad esempio, gli inabili al lavoro;
  • il carattere predominante del reddito di cittadinanza come strumento di politica attiva dell’occupazione;
  • la natura eccezionale e di stretta interpretazione delle disposizioni che prevedono divieti di pignorabilità rispetto ad un principio generale.

Per il tribunale, insomma, non ci sono dei motivi che escludano “l’ammissibilità dell’ordine di pagamento diretto al coniuge di una quota del Reddito di cittadinanza erogato all’altro, inadempiente agli obblighi scaturenti dalla separazione”.

Anzi: “L’ordine di pagamento diretto può essere emesso per l’intera somma dovuta dal terzo“. Il che significa che il giudice può anche decidere il versamento dell’intero importo del sussidio a beneficio dell’ex. Pignoramento vero e proprio, come ricorda lo stesso giudice in questa ordinanza.

In collaborazione con Adnkronos

Per quale motivo possono bloccare il Reddito di Cittadinanza?

non presenta una DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare; venga trovato, nel corso delle attività ispettive svolte dalle competenti autorità, intento a svolgere attività di lavoro dipendente, ovvero attività di lavoro autonomo o di impresa, senza averlo comunicato.

Chi ha debiti con Equitalia può avere il Reddito di Cittadinanza?

Per chi ha debiti, dunque, non può scattare il pignoramento del reddito di cittadinanza perché, nascendo come misura di aiuto economico per chi si ritrova in grandi difficoltà economiche, le stesse per cui ha contratto debiti, non può essere pignorato perché verrebbe meno l'obiettivo di sostegno della misura stessa.

Cosa succede se non si spende tutto il Reddito di Cittadinanza?

Devi fruire del contributo mensile che ti spetta in base al beneficio annuale a cui hai diritto entro il mese successivo a quello di erogazione. Se non ne spendi o prelevi una parte, infatti, l'importo non utilizzato viene sottratto dalla mensilità successiva, nei limiti del 20% del beneficio.

Cosa cambia nel 2022 per il Reddito di Cittadinanza?

3) Reddito di cittadinanza 2022: riduzione del sussidio Riduzione importo in caso di rifiuto delle offerte di lavoro: Dal 1° gennaio 2022, l'importo mensile del RDC è ridotto di 5 euro per ciascun mese a partire dal mese successivo a quello in cui si è eventualmente rifiutata un'offerta di lavoro congrua.