Trasferimento per motivi di salute pubblica amministrazione

DOMANDA

Preg.mo dott. Magnavita, lavoro al Nord in una Pubblica Amministrazione. Due anni fa mi è stata diagnosticata la PSORIASI con croste pruriginose alle gambe, gomiti, zona sovralabiale e soprattutto al cuoio capelluto. Sono iniziati così forti disagi anche sul piano psicologico. Convivo giornalmente con un forte prurito alla cute anche a contatto con l’acqua dolce (fare la doccia o il bagno è un incubo). Il farmaco allevia poco il problema. Ho notato un netto miglioramento con la fotoesposizione ai raggi del sole in concomitanza con la permanenza al mare (sono originario del Sud). Tale miglioramento si verifica anche nei soggiorni invernali al Sud ove il clima temperato migliora la cute e la patologia. D’inverno il clima rigido di Milano aumenta notevolmente i problemi alla pelle. Il dermatologo mi ha detto che la PSORIASI beneficia, con le opportune cautele, del sole ed in generale dei climi temperati. Tali considerazione le ho potute verificare anche su internet su siti italiani e stranieri. Per la mia situazione lo stesso dermatologo ha escluso la fotoesposizione in reparti dermatologici con apparecchi a raggi UVB a banda corta anche per gli effetti collaterali. A questo punto che fare? Le volevo domandare se rappresentando e documentando la situazione al medico di sorveglianza dell’ufficio, posso richiedere alla mia amministrazione il trasferimento per motivi di salute. In caso di parere favore del medico potrebbe l’amministrazione negare il trasferimento in Puglia? Grazie.

RISPOSTA

Egregio signore,
la procedura che lei vorrebbe seguire per ottenere il trasferimento esula nel modo più completo da quelli che sono i compiti del medico del lavoro e particolarmente di chi esercita il ruolo di medico competente. Difatti la sorveglianza sanitaria (a differenza del Servizio Sanitario nazionale) non ha finalità di diagnosticare e curare tutte le malattie, ma esclusivamente di prevenire la patologia collegata ai rischi professionali previsti dalla legge o riportati nel Documento di Valutazione dei Rischi aziendale. Al Medico Competente è espressamente vietato di occuparsi della capacità di lavoro di un dipendente, in virtù della L.300/70 (Statuto dei Lavoratori).
Poiché lei è un dipendente della pubblica amministrazione svolge un lavoro d’ufficio nel quale l’unico rischio professionale potrebbe essere l’uso del terminale video, ammesso che lei ne faccia un uso continuativo per più di 20 ore alla settimana, cioè per più di metà del suo orario di servizio. Il Medico Competente è obbligato per legge a limitarsi a giudicare se lei è idoneo a lavorare al terminale video, oppure no. Qualunque altra cosa faccia, non rientra in ciò che la legge prevede. In ogni caso, poi, non è il medico a stabilire il trasferimento, o il tipo di lavoro da svolgere, ma l’amministrazione.

Trasferimento per motivi di salute pubblica amministrazione

Nicola Magnavita

Dirigente medico di medicina del lavoro presso il Policlinico Gemelli, docente di medicina del lavoro all’Università Cattolica di Roma. Nato nel 1953, si è laureato in medicina nel 1977 e si è specializzato in medicina del lavoro nel 1980. È autore di oltre 500 articoli scientifici, su riviste nazionali e internazionali, e di 10 libri. […]

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Il trasferimento nella pubblica amministrazione prevede la mobilità volontaria e d’ufficio; l’assegnazione può essere temporanea e d’attività: anche all’estero

Quando si parla di trasferimento nell’ambito di una pubblica amministrazione sono molti i casi da tenere in considerazione. Andiamo a conoscerli meglio. 

Districarsi nell’universo dell’assegnazione di un posto di lavoro e di una sede presso una pubblica amministrazione è complicato quanto muoversi con i mezzi pubblici dentro una città. Per questo, forse, – in luogo di trasferimento – si può parlare di mobilità. Allora ci si chiede: il dipendente pubblico che voglia chiedere un trasferimento per motivi personali a un’altra pubblica amministrazione, rispetto a quella d’origine, può farlo? Basta che chieda un nulla osta, dia e ottenga la disponibilità? No, non è così semplice né facile. Vediamo perché.

Indice

  • 1 Normativa e mobilità volontaria
  • 2 Durata e assegnazione temporanea per il trasferimento
  • 3 Mobilità d’ufficio, assegnazione ‘forzata’
  • 4 Trasferimento d’autorità, anche in Stati stranieri e comunitari

Normativa e mobilità volontaria

A regolamentare il tema del trasferimento in una pubblica amministrazione è il cosiddetto Testo Unico sul pubblico impiego [1], anche se successive normative sono subentrate a incrementare tale disciplina [2]. Un aspetto importante è la cosiddetta domanda di mobilità: essa può essere accolta oppure rigettata (il trasferimento, poi, dovrà essere effettuato nei 15 giorni di tempo successivi).

La legge consente alle pubbliche amministrazioni di utilizzare tale pratica in caso di necessità. Laddove mancassero unità di personale in una pubblica amministrazione, possono essere richiesti – con questa misura appunto – dei dipendenti esterni per ricoprire i posti vacanti. I lavoratori provenienti da altra amministrazione cesseranno il rapporto di lavoro con quest’ultima per essere inseriti in quella nuova, pur continuando a coprire il posto precedente nelle dotazioni organiche dell’amministrazione di appartenenza.

Tale passaggio può essere diretto; deve, però, innanzitutto sussistere la disponibilità reciproca tra amministrazioni differenti senza che cambi l’ambito lavorativo del lavoratore. Nel caso in cui vada a ricoprire una posizione lavorativa superiore per particolari esigenze dell’amministrazione, allora il dipendente sarà soggetto alle regole e alle remunerazioni previste per tale carica di livello più alto. Il grado di qualifica, infatti, dovrebbe essere equivalente per garantire la cosiddetta necessaria neutralità finanziaria. Pertanto viene utilizzata un’apposita “tabella di equiparazione” che inquadra e classifica, delineando i vari livelli di inquadramento nel rispetto dei dettami previsti dai contratti collettivi [3].

Durata e assegnazione temporanea per il trasferimento

Ma una volta trasferito, il dipendente che si trovi nella cosiddetta posizione di comando lavorerà per la nuova amministrazione a tempo indeterminato? Cesserà per sempre qualsiasi rapporto con la “vecchia” sede?  No, non è così. Il rapporto di lavoro con la precedente amministrazione non si concluderà, in quanto la sua assegnazione sarà solamente temporanea.

La legge prevede, infatti, che tale possibilità di passaggio tramite “posizione di comando” possa avvenire previa informazione dei sindacati e per un periodo massimo di un anno. Vi può essere un’ulteriore proroga solamente una volta. A questa regola generale, si affiancano eccezioni in casi particolari: ovvero l’interruzione del comando prima dello scadere dei dodici mesi su richiesta dell’interessato o dell’amministrazione oppure un tetto massimo fissato a sei mesi al momento dell’assegnazione. Ciò non vale se la “posizione di comando” concerne uffici di diretta collaborazione del Ministro e dei sottosegretari, in quanto qui non c’è limite temporale.

Ma il trasferimento in “posizione di comando” può diventare un’opportunità per fare carriera e salire di grado professionale? No, perché in ogni caso l’inquadramento deve avvenire nella stessa area funzionale ed economica posseduta presso l’amministrazione di provenienza. Infatti, in caso di posti vacanti, una pubblica amministrazione deve procedere – prima di istituire bandi o concorsi pubblici – alla cosiddetta stabilizzazione e regolarizzazione del personale che si trova esclusivamente in tale tipo di posizione lavorativa.

Mobilità d’ufficio, assegnazione ‘forzata’

Dunque si può richiedere un trasferimento per fare carriera? No. Esistono, viceversa, anche dei casi “forzati”. Ad esempio dovuti a un esubero di personale rispetto alle strette necessità della pubblica amministrazione o alle sue possibilità economiche. Eccedenze dovute a un soprannumero di unità di personale che vanno re-distribuite in modo diverso e più funzionale al corretto e migliore funzionamento appunto dell’attività amministrativa. Per questo il trasferimento può ‘trasformarsi’ in una mobilità collettiva e d’ufficio, all’interno della stessa amministrazione o in altra sede.

Una volta informato preliminarmente il Dipartimento della funzione pubblica, l’ente pubblico dovrà avvertire sia le rappresentanze unitarie dei lavoratori che le organizzazioni sindacali. Dopo dieci giorni dalla comunicazione, l’ente potrà risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con i dipendenti che hanno raggiunto già i 40 anni di contributi.

A partire da 90 giorni dalla comunicazione, inoltre, tutto il personale, che non è stato possibile ricollocare presso altre amministrazioni, entrerà nella cosiddetta mobilità in disponibilità e avrà diritto all’80% del salario e dell’indennità integrativa speciale fino a due anni.

Redatti appositi elenchi con relativa graduatoria, questi dipendenti potranno essere ricollocati successivamente, in base all’anzianità di iscrizione, presso amministrazioni che abbiano necessità di integrare il proprio organico e che abbiano avanzato una richiesta di concorso pubblico; la Funzione pubblica, in tal caso, provvede ad assegnare d’ufficio il personale in mobilità.

Trasferimento d’autorità, anche in Stati stranieri e comunitari

Ma non è tutto. Esiste anche un tipo particolare di trasferimento dovuto a ragioni di qualifiche possedute dal dipendente e necessarie all’amministrazione per offrire un servizio qualitativamente più alto. Scelte dettate dalle competenze tecniche, per soddisfare esigenze anche organizzative e produttive.

Tutto ciò in base a quella che viene definita “una migliore valutazione della performance” – cui qualsiasi ente è soggetto – da parte del cosiddetto Organismo Indipendente di Valutazione (OIV) della performance, appunto [4]. Questo rientra in un piano di razionalizzazione delle risorse attuato dall’amministrazione: scegliere la persona migliore per quella mansione, per un miglior lavoro svolto, per avere la persona giusta nel posto giusto al momento giusto. E il luogo di destinazione può essere tanto all’interno del territorio regionale, che nazionale oppure estero: appartenente all’Unione Europea o extraeuropea, purchè presso enti internazionali cui l’Italia aderisce.  Ovviamente il trasferimento è temporaneo e lo stipendio può essere a carico totale dell’amministrazione di provenienza o di destinazione oppure sostenuto da tutte e due.


note

[1] il decreto legislativo 165/2001.

[2] pensiamo al decreto-legge 138/2011 o alla cosiddetta legge Brunetta introdotta dal decreto legislativo n. 150/2009.

[3] come esplicitato e approfondito meglio dall’articolo 29 bis aggiunto al decreto legislativo 165/2001 tramite il decreto legislativo 150/2009.

[4] istituito proprio dalla “riforma Brunetta”.

Autore Immagine: Pixabay.com

Come ottenere trasferimento pubblica amministrazione?

Con la mobilità volontaria un dipendente pubblico può decidere di sua spontanea volontà di essere trasferito presso un'altra amministrazione pubblica, presentando regolare richiesta di mobilità oppure partecipando ad un eventuale concorso pubblico indetto dall'amministrazione che gli interessa.

Quando un dipendente può chiedere il trasferimento?

Come detto, il trasferimento del lavoratore è legittimo laddove dipenda da “comprovate ragioni tecniche, organizzative o produttive” così come disposto dall'art. 2103 c.c. È altrettanto legittimo il trasferimento del dipendente dovuto ad un accordo tra datore di lavoro e lavoratore, definito trasferimento consensuale.

Quando si ha diritto al trasferimento?

Il diritto al trasferimento riconosciuto dalla L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5, inoltre, sussiste laddove sia presente il requisito della "vacanza" del posto e laddove il posto sia anche reso "disponibile" dalla decisione organizzativa della P.A. di coprire il posto vacante.

Quando si può rifiutare un trasferimento?

L'articolo 2103 del codice civile stabilisce che il lavoratore non può essere trasferito da un'unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Detto ciò, richieda le motivazioni oggettive a supporto del trasferimento. La mancanza di una causale, legittima il suo rifiuto.