La pensione sociale è reversibile al coniuge

L’assegno sociale e la pensione

L’assegno è una prestazione assistenziale, cioè prescinde da qualsiasi versamento contributivo.
L’assegno sociale e, prima della sua istituzione (1995), la pensione sociale, sono provvidenze per il sostegno alle persone anziane a basso reddito.
L’assegno sociale è stato istituito dalla Legge 335/1995 ed ha sostituito la precedente pensione sociale di cui comunque continuano a beneficiare le persone che l’abbiano ottenuta prima del 31 dicembre 1995.

I requisiti

Il primo requisito è quello dell’età: l’assegno viene erogato solo dal compimento dei 65 anni di età.
Possono farne richiesta i residenti in Italia che siano:

  • cittadini italiani
  • cittadini del’Unione Europea
  • cittadini extracomunitari con permesso soggiorno.

Dal 1° gennaio 2009, inoltre, è richiesto l’ulteriore requisito del soggiorno legale, in via continuativa, per almeno dieci anni in Italia (Legge – 06/08/2008 n. 133, art. 20, comma 10).

L’assegno sociale non è reversibile, non spetta, cioè ai superstiti. Inoltre non è esportabile come altre pensioni di origine previdenziale e viene revocato se il titolare si trasferisce o dimora all’estero.

Sono poi previsti dei limiti reddituali di chi ne fa richiesta e del coniuge.
Se il richiedente non è coniugato il limite di reddito è pari allo stesso importo annuo dell’assegno sociale.

L’importo dell’assegno è pari nel 2019 a 458,00 euro per 13 mensilità. Per lo stesso anno il limite di reddito è pari a 5.954,00 euro annui e 11.908,00 euro, se il soggetto è coniugato.

Per gli invalidi civili titolari di pensione o di assegno mensile di assistenza (invalidi parziali) e per i sordi titolari di pensione, che siano già titolari delle rispettive provvidenze prima del compimento dei 65 anni, si fa riferimento al solo reddito personale negli stessi limiti previsti dalle relative provvidenze economiche di invalidità o sordità.(Ad esempio: per il 2019 il limite reddituale per la pensione di invalidità civile e sordità è pari a 16.814,34 che è anche il limite per poter accedere all’assegno sociale). Resta fermo l’obbligo di esidenza legale in Italia da almeno 10 anni.

Tornando alle situazioni generali, al netto cioè dell’eccezione per prevista per invalidi, ciechi e sordi, Se i redditi dell’interessato, quelli dell’eventuale coniuge oppure la somma di entrambi superano i limiti di legge, l’assegno sociale viene negato.
Se invece non dispone di alcun reddito personale né insieme all’eventuale coniuge, l’assegno sociale viene erogato in misura intera.
Nel caso in cui il reddito del richiedente o quello del coniuge o la loro somma siano inferiori ai limiti di legge, l’assegno viene erogato per un importo ridotto. In questo caso, sarà pagato un importo annuo pari alla differenza tra l’importo intero annuale dell’assegno sociale corrente e l’ammontare del reddito annuale.
Ad esempio: se una coppia di coniugi percepisce un reddito di 8000 euro, l’assegno annuale sarà ridotto a 3.661,52 euro annui.

I redditi di riferimento

Ai fini della concessione dell’assegno mensile non vengono considerati solo i redditi imponibili ai fini IRPEF, ma anche altri. Più precisamente vengono considerati:

  • i redditi soggetti all’Irpef al netto dell’imposizione fiscale e contributiva (stipendi, pensioni, redditi di terreni e fabbricati, redditi da impresa e da lavoro autonomo, assegno di mantenimento pagato al coniuge separato o divorziato ecc.);
  • i redditi esenti da imposta (prestazioni assistenziali in denaro pagate con carattere di continuità dallo Stato o da altri enti pubblici o da stati esteri, sussidi corrisposti dallo stato o da altri enti pubblici a titolo assistenziale, prestazioni aventi natura risarcitoria pagate dallo stato italiano o da stati esteri);
  • le pensioni ed assegni erogati ai ciechi civili, invalidi civili e sordomuti;
  • le pensioni di guerra;
  • le rendite vitalizie pagate dall’Inail;
  • le pensioni privilegiate ordinarie “tabellari” per infermità contratte durante il servizio militare di leva;
  • i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta (vincite derivanti dalla sorte, da giochi di abilità, da concorsi a premi, da pronostici e da scommesse, corrisposte dallo Stato, da persone giuridiche pubbliche e private);
  • i redditi soggetti a imposta sostitutiva (interessi postali e bancari, interessi dei BOT, CCT e di ogni altro titolo di stato, interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, emessi da banche e società per azioni, interessi delle obbligazioni e degli altri titoli compresi i titoli emessi da enti pubblici economici trasformati per legge in società per azioni);
  • gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile;
  • l’assegno sociale di cui è eventualmente titolare il coniuge del richiedente.

Non vengono invece considerati, ai fini della concessione dell’assegno sociale:

  • i trattamenti di fine rapporto e loro eventuali anticipazioni;
  • le competenze arretrate soggette a tassazione separata;
  • il proprio assegno sociale;
  • la casa di proprietà in cui si abita;
  • la pensione liquidata, secondo il sistema contributivo, per un importo pari ad 1/3 della pensione stessa e comunque non oltre 1/3 dell’assegno sociale;
  • i trattamenti di famiglia;
  • le indennità di accompagnamento di ogni tipo, gli assegni per l’assistenza personale continuativa erogati dall’Inail nei casi di invalidità permanente assoluta, gli assegni per l’assistenza personale e continuativa pagati dall’Inps ai pensionati per inabilità;
  • l’indennità di comunicazione per i sordomuti;
  • l’assegno vitalizio pagato agli ex combattenti della guerra 1915-1918 e precedenti.

Assegno sociale e ricovero

Nel caso in cui la persona sia ricoverata in istituto con rette a carico dello Stato o di enti pubblici, l’assegno sociale viene ridotto. Se la retta è a totale carico dello Stato la riduzione è del 50% .
La riduzione è, invece del 25% quando la retta versata dall’interessato o dai familiari è di un importo inferiore alla metà dell’assegno sociale. Se invece la retta comporta una spesa superione al 50% dell’assegno stesso, questo non subisce diminuzioni.

Le maggiorazioni sociali

L’importo dell’assegno sociale può contare su una maggiorazione sociale in casi particolari.
A decorrere dal 1° gennaio 2002, è infatti stato stabilito un incremento della maggiorazione sociale per garantire un importo di pensione fino a 516,46 euro al mese per tredici mensilità. Per l’anno 2015 quella maggiorazione è elevata a 652,90 euro.
Per poter ottenere questa maggiorazione, i titolari di assegno sociale devono avere almeno 70 anni di età. Per i titolari di pensione di inabilità, gli invalidi civili totali, i sordomuti e i ciechi civili assoluti l’età per poter ottenere l’incremento della maggiorazione sociale si riduce a 60 anni.
La maggiorazione può essere concessa ai beneficiari di pensione e ai titolari di prestazioni assistenziali, che, se non coniugati, possiedano redditi personali inferiori a 8.304,79 euro oppure, se coniugati, possiedano redditi propri inferiori a 8.304,79 euro e redditi propri che, sommati a quelli del coniuge, siano inferiori a 14.135,55 euro.
I redditi da considerare sono gli stessi previsti per la concessione dell’assegno sociale.

La domanda

La domanda di assegno sociale e delle eventuali maggiorazione va presentata su un modulo disponibile presso le Sedi dell’INPS o presso i patronati sindacali.
Alla domanda devono essere allegate:

  • l’autocertificazione dei dati personali;
  • la dichiarazione della situazione reddituale;
  • la dichiarazione di responsabilità riguardo eventuale ricovero in istituto con retta a carico dello Stato.

L’assegno decorre dal mese successivo alla data di presentazione della domanda.

I ricorsi

Nel caso in cui la domanda venga rigettata, è possibile presentare ricorso amministrativo, al Comitato provinciale dell’Inps.
Il ricorso, indirizzato al Comitato Provinciale INPS, va presentato entro 90 giorni dalla data di ricezione della lettera con la quale si comunica il rigetto.
Si suggerisce, anche in questo caso, di appoggiarsi ai patronati sindacali.

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Quando spetta la pensione sociale alla moglie?

Basta applicare le suddette formule, dunque, per rendersi conto che l'assegno sociale spetta ogni volta che il reddito personale non supera i 6.085,43 euro mentre quello coniugale è inferiore ai 12.170,85 euro.

Chi prende la pensione sociale può prendere la reversibilità?

Se la persona deceduta ha versato i contributi di previdenza sociale, hai diritto alle prestazioni di reversibilità. I requisiti per ottenere assegni in caso di morte o la pensione di reversibilità variano da un paese dell'UE all'altro.

Quali sono le pensioni di reversibilità?

La pensione ai superstiti è un trattamento pensionistico riconosciuto in caso di decesso del pensionato (pensione di reversibilità) o dell'assicurato (pensione indiretta) in favore dei familiari superstiti. La pensione di reversibilità è pari ad una quota percentuale della pensione del dante causa .

Quando muore il marito la moglie ha diritto alla pensione?

La pensione di reversibilità spetta al coniuge superstite anche separato o divorziato se titolare di assegno divorzile, ai figli (anche adottivi o affiliati) minorenni o inabili al lavoro, studenti entro il 21° anno di età o 26° se universitari e a carico.