Mal di stomaco mesi dopo il parto

RISPOSTA DELL'ESPERTO

Mia moglie ha partorito un mese fa con un parto naturale, ma purtroppo in questi giorni ha un problema: dei dolori sopratutto quando va di corpo e, adesso, le esce anche qualche goccia di sangue. Dobbiamo preoccuparci visto che ormai ha partorito da un mese? Che cosa si fa in questi casi?

Risponde: Arisi Emilio - Ginecologo

I primi mesi dopo un parto, e in particolare il primo mese, l’organismo subisce una serie di riaggiustamenti di tutti gli organi e sistemi. In particolare l’utero torna alle sue dimensioni primitive e continua ad avere delle piccole perdite di sangue, più o meno accentuate e più o meno frequenti a seconda delle persone (e anche di come sono andati travaglio e parto) almeno fino a quando non venga il capoparto, cioè la prima mestruazione dopo il parto. Se la donna allatta ciò può avvenire anche dopo molti mesi, se non allatta avviene dopo 40-60 giorni. Tra i tanti rimaneggiamenti anche l’addome e il suo contenuto ne subiscono di importanti, soprattutto per la decompressione dell’utero e per una serie di modificazioni ormonali presenti durante la gravidanza che modificavano la tonicità dei muscoli involontari dell’intestino. Tutto ciò può portare a dolori addominali e a disturbi dell’alvo che andranno progressivamente migliorando fino a scomparire.

Mal di stomaco mesi dopo il parto

Emilio Arisi

Ginecologo

Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Parma, si è specializzato in Ostetricia e Ginecologia nella stessa Università. Dal 1993 al 2010 è stato Direttore della U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Regionale “S. Chiara” di Trento dove, dall’inizio del 2002 è stato coordinatore del Dipartimento Materno-Infantile della Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia di Trento.

Mal di stomaco mesi dopo il parto

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  • Diastasi addominale: se la pancia non torna a posto

Mal di stomaco mesi dopo il parto

Noti un cedimento sospetto dei muscoli addominali che, anche a distanza di mesi dalla nascita del tuo bebè, non “rientra”? Serve la valutazione di un esperto, perché potrebbe trattarsi di diastasi addominale

Non c’è neomamma che, dopo la nascita del suo bebè, non si ritrovi a fare i conti davanti allo specchio con quella rotondità addominale, più o meno pronunciata, che è l’inevitabile conseguenza dei nove mesi di gravidanza. Di solito, si tratta semplicemente di riprendere il peso forma e di lavorarci un po’ con esercizi di fitness mirati.

A volte, invece, è un problema più serio, benché poco conosciuto: la diastasi addominale. Come identificarlo? Si può provare a scoprirlo da sole? Vediamo, con l’aiuto degli esperti, come fare il punto della situazione e, poi, intervenire.

Diastasi addominale: l'autovalutazione

  • Distesa supina, piega le ginocchia tenendo le piante dei piedi appoggiate a terra, una mano dietro la testa e una poggiata sull’addome, lungo la sua linea mediana, con le dita parallele alla vita all’altezza dell’ombelico.

  • Con la mano, senti i muscoli dell’addome rilassati.

  • Ora solleva la testa e le spalle contraendo gli addominali. Con le dita cerca i margini delle due fasce muscolari parallele alla linea mediana dell’addome. C’è una sorta di intervallo affossato tra le due fasce? È largo almeno 2-3 dita e non si riduce sensibilmente quando aumenta la contrazione dei muscoli? Hai partorito da un anno o più?

  • Se hai risposto di sì, probabilmente hai un problema di diastasi dei muscoli retti. Non ne hai mai sentito parlare? È comprensibile, perché la diastasi addominale è una patologia abbastanza diffusa, ma sottovalutata e talvolta ignorata anche dai ginecologi e dai medici di famiglia.

Cos'è la diastasi addominale

Durante la gravidanza, le due fasce muscolari longitudinali dell’addome, i retti addominali, si divaricano per consentire l’aumento di volume del pancione. “Normalmente dopo il parto tornano a posto, ma il loro riposizionamento non è immediato. L’assetto dei muscoli addominali impiega qualche mese per tornare alle condizioni precedenti l’attesa", spiega il Professor Alessio Caggiati, specialista in Chirurgia Plastica dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma e membro del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (AICPE).

“Nel 70% dei casi ciò avviene entro un anno dal parto. Nel 30% dei casi, invece, le due fasce muscolari rimangono divaricate e si stabilizzano così. È la cosiddetta diastasi dei retti, che può essere più o meno grave a seconda della distanza che rimane tra i muscoli: da un minimo di 2-3 centimetri, che di solito non causa disturbi e non richiede alcun intervento, a divaricazioni maggiori, che possono richiedere una correzione chirurgica perché, oltre al danno estetico, possono comportare disturbi funzionali a carico della colonna vertebrale e del pavimento pelvico”.

Perché succede?

All’origine del problema possono esserci diversi fattori.

  • Innanzitutto, esiste una predisposizione congenita alla diastasi addominale. “Alcune donne hanno un deficit di collagene, dunque tessuti connettivi più deboli e di conseguenza un maggior rischio di andare incontro a questo problema dopo una gravidanza”, spiega il chirurgo.

  • “Altri fattori di rischio sono: una gravidanza plurigemellare, un aumento eccessivo di peso durante l’attesa, sforzi dei muscoli addominali nell’ultimo trimestre di gravidanza e nel post partum”.

È possibile prevenire il disturbo?

Sulla gemellarità e sulla predisposizione genetica non si può influire, ma si può prendere qualche precauzione per ridurre gli altri elementi di rischio.

  • “Durante l’attesa, bisogna adottare posture corrette e prestare attenzione ai movimenti, quando ci si china e ci si alza, quando si solleva un peso, per non sovraccaricare gli addominali”, avverte Emanuela Antonini, ostetrica libera professionista di Roma.

  • Attenzione, poi, all’evacuazione. L’ideale è assecondare il momento in cui si avverte lo stimolo e non rimandare, per evitare che le feci si induriscano e che si debba spingere a lungo, caricando di pressione i muscoli addominali. Per la stessa ragione è utile bere una quantità adeguata di liquidi, così che le feci si mantengano morbide. Infine, l’ideale è tenere i piedi poggiati su un rialzo, per mantenere un angolo di circa 35° tra il busto e le gambe, in posizione di squat”.

  • L’esercizio fisico è importante, ma deve essere fatto nel modo giusto. “Giovano gli esercizi di stretching e quelli che mobilizzano il bacino”, dice Federica Crivellaro, fisioterapista di Torino. “Quelli del pavimento pelvico aiutano, perché la diastasi dei retti spesso è associata a cedimenti di quest’area. I muscoli dell’addome vanno esercitati, ma con misura, senza mai forzarli. Ecco, per esempio, un movimento consigliato: carponi a terra, gonfiare l’addome inspirando e sgonfiarlo espirando, con dolcezza, senza esercitare una pressione eccessiva”.

  • Anche le modalità del parto influiscono sul rischio di diastasi. “Nella classica posizione litotomica, distesa supina sul lettino con le gambe sollevate, la pressione sugli addominali è maggiore e il pavimento pelvico non si distende”, spiega Antonini.

  • Poi c’è da tener conto dell’alimentazione. “Il grasso viscerale contribuisce a fare pressione sugli addominali”, spiega Francesca Musaio, biologa nutrizionista di Roma. “Quindi è opportuno controllare l’aumento di peso durante l’attesa e dopo il parto, nel periodo dell’allattamento”.

Diastasi addominale post parto

Dopo la nascita del bimbo, alcune accortezze possono aiutare i muscoli retti a riavvicinarsi o, quanto meno, a non divaricarsi ulteriormente.

  • “Nelle prime settimane la neomamma può indossare per qualche ora al giorno una fascia elastica per contenere l’addome, soprattutto quando sta in piedi e tiene il bimbo in braccio”, consiglia Federica Crivellaro. “La fascia, però, non va tenuta in continuazione, perché impedirebbe il recupero del tono muscolare. Attenzione, poi, alla posizione in cui si allatta, che deve essere confortevole. La donna non deve avvertire pressione all’addome”.

  • Anche in questa fase possono essere utili gli esercizi per il pavimento pelvico e, passate le prime settimane, qualche cauto esercizio con gli addominali. Sono da evitare i classici crunch, gli esercizi di contrazione che si eseguono supine a terra sollevando la parte superiore del tronco. Aumentano eccessivamente la pressione interna dell’addome e in questa fase accrescono il rischio di ernie e prolasso degli organi interni. “Sarebbe meglio che la neomamma si rivolgesse per un consiglio a un esperto - fisioterapista od ostetrica - nella riabilitazione del pavimento pelvico: di solito sono competenti anche sulla diastasi”, osserva Crivellaro.

  • Attenzione poi alla postura. “Tante donne dopo il parto continuano a camminare come quando avevano il pancione, mentre è meglio per la schiena e per il bacino riacquistare l’andatura precedente la gravidanza".

  • Per quanto riguarda l’alimentazione, oltre a fare attenzione al peso, la scelta del giusto menù può aiutare. “Spesso le neomamme sono tanto prese dalla cura del loro bimbo che mangiano di fretta. Così la digestione è difficoltosa e stomaco e intestino si gonfiano”, puntualizza la biologa nutrizionista Musaio. “Masticare lentamente è la prima accortezza da osservare. Poi consiglio di tenere un diario della digestione, annotando giorno per giorno quali alimenti danno problemi di gonfiore per poi parlarne con un nutrizionista che potrà consigliare un regime alimentare adeguato".

Quando ricorrere all’intervento chirurgico

Se i retti addominali sono ancora divaricati a un anno di distanza dalla nascita del bambino, ormai la situazione è stabile e non può essere corretta con la dieta o la fisioterapia.

“In questo caso c’è solo la chirurgia”, dice Alessio Caggiati. “Prima di arrivare a tanto, però, occorre impegnarsi nelle misure consigliate per favorire il fisiologico riavvicinamento dei muscoli o, quanto meno, per non aggravare la situazione. L’intervento di addominoplastica è infatti abbastanza impegnativo e deve essere effettuato da specialisti in chirurgia plastica esperti in questo settore. Lo si può prendere in considerazione in presenza di una problematica estetica grave oppure quando la distanza tra i muscoli è significativa e, soprattutto, quando gli organi interni non sono adeguatamente contenuti a causa di una fascia muscolare cedevole, che si estroflette all’esterno durante banali manovre quotidiane. Chi ne soffre può talvolta lamentare problemi intestinali, dolore, gonfiore, inefficacia dei muscoli dell’apparato urinario e, quindi, incontinenza. Nei casi più gravi si possono anche verificare squilibri funzionali tra i muscoli retti e i muscoli della schiena, che possono comportare disturbi lombari e dorsali”.

In casi estremamente selezionati, che non presentano alcuna eccedenza cutanea o adiposa, possono anche essere adottate tecniche mininvasive, con interventi in laparoscopia o endoscopia, che consentono incisioni minime e un recupero post-operatorio più rapido. Sarà il chirurgo a consigliare la metodica più indicata per la propria situazione.

Per maggiori informazioni

  • Sul sito dell’Associazione Diastasi Donna ODV (www.diastasidonna.it) troverai un test di autovalutazione: se ritieni di avere un problema, comunica subito i tuoi sospetti al medico di famiglia o al ginecologo. “Di solito, per avere conferma della divaricazione dei muscoli, viene prescritta un’ecografia della parete dell’addome", spiega Elena Albanese, presidente di Diastasi Donna ODV, che ha sofferto del problema dopo la sua seconda gravidanza e ha creato l’associazione proprio per informare altre mamme e fornire indicazioni per prendere contatto con specialisti in grado di aiutarle. Sul sito troverai anche la lista delle strutture pubbliche a cui rivolgerti se fosse necessario un intervento di addominoplastica. 

  • “Non è incluso nei Livelli Essenziali di Assistenza, dunque non tutte le Regioni lo offrono al costo del ticket. Alcune lo offrono solo nei casi più gravi, quando la distanza tra le fasce muscolari è superiore a 5 cm, altre a 10 cm, o solo in presenza di ernie, ed escludono persone che sono in condizioni patologiche, con danni funzionali e non solo estetici. Si può ricorrere anche al privato, ma con costi elevati”.

  • Un altro sito utile per verificare se la tua Regione eroga gratuitamente l’intervento di addominoplastica in SSN è quello dell’Associazione Diastasi Italia ODV (www.diastasiaddominale.com).

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Quanto tempo ci vuole per riassestare gli organi dopo il parto?

Normalmente, dopo 5-7 giorni, l'utero è rigido e asintomatico, ma risulta ancora dilatato, estendendosi fino a metà tra l'osso pubico e l'ombelico. Entro 2 settimane dopo il parto, l'utero ritorna quasi alle dimensioni normali, e dopo 4 settimane di solito ritorna alle dimensioni normali.

Come riconoscere la diastasi post gravidanza?

Patologia complessa: come riconoscerla.
mal di schiena, dorsale o lombare..
ernia ombelicale e/o ernia epigastrica..
gonfiore addominale..
disturbi della digestione..
sensazione di pesantezza nella zona pelvica..
alterazioni della postura in iperlordosi (accentuata curva della colonna lombare).

Quando si chiude la diastasi dopo il parto?

In genere, è bene aspettare alcuni mesi dopo il parto: spesso infatti la diastasi si risolve spontaneamente. Sono figure di riferimento anche il fisiatra e il fisioterapista che possono, laddove indicato, consigliare alla paziente di consultare un chirurgo plastico.

Cos'è la diastasi dopo il parto?

Diastasi addominale: di cosa si tratta La diastasi dei muscoli retti dell'addome “non dipende dal tipo di parto, naturale o con taglio cesareo – spiega Megevand – ma è una conseguenza fisiologica della gravidanza che lascia l'addome della donna più rilassato per qualche mese dopo il parto”.