Competenze su creatività e pensiero divergente pdf

Introduzione Le tre i dell’educazione inclusiva per i Disturbi Specifici dell’Apprendimento Paolo Valerio, Alessandro Pepino, Maura Striano, Stefano Oliverio Con la legge 170/2010 un nuovo passo è stato compiuto sulla strada dell’educazione inclusiva. L’espressione ‘educazione inclusiva’ può essere addirittura considerata ridondante, nella misura in cui vi è un circuito virtuoso fra le due nozioni: si danno pratiche autenticamente educative solo lì dove vi è tensione inclusiva e, per converso, al fine di promuovere inclusione sociale è strategica la messa in opera di opportune e adeguate pratiche educative. Entrambe – educazione e inclusione – sono processi strutturalmente interminabili, ma non per queste indefiniti quanto alla loro direzionalità: vivono di una crescita costante e hanno il loro criterio di successo nelle possibilità che dischiudono di crescita ulteriore. È in questa prospettiva di crescita che si suggerisce di leggere la portata della norma che riconosce alle persone con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) misure di sostegno nei loro percorsi formativi. Crescita sociale, perché si ha un’estensione dei diritti e, quindi, delle opportunità di partecipazione alla vita scolastica e universitaria e, di conseguenza, un arricchimento del sistema formativo formale con talenti e stili conoscitivi che, altrimenti, rischiavano di rimanere ai margini; crescita individuale, perché – adeguatamente supportati – gli studenti con DSA hanno la possibilità di sprigionare pienamente il proprio potenziale cognitivo e di progettare la propria esistenza (anche) come un progetto di formazione continua. Dal momento in cui fu lanciato come slogan elettorale (fortunato nell’efficacia evocativa, infelice nell’ideologia che veicolava) l’idea che tre i presiedano a una Scuola e a una Università all’altezza delle sfide del presente è qualcosa che è entrato nel dibattito pubblico, con l’incisività di un mantra. In queste brevi considerazioni introduttive si vogliono proporre tre differenti i, che possono costituire lo stemma dell’educazione inclusiva e compendiare il significato profondo della legge e delle Linee guida in favore degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Vi è anzitutto la i di individualizzazione: l’impegno che il sistema formativo nel suo insieme si trova a dover assolvere è quello di conciliare la promozione di conoscenze e competenze, quali sono iscritte nei diversi curricoli disciplinari, con la valorizzazione dei differenti stili cognitivi. È necessario, quindi, mobilitare dispositivi pedagogici che, senza dismettere lo specifico delle discipline, non sacrifichino ad esso, però, i talenti e i modi peculiari con cui ciascun soggetto può apprendere e costruire conoscenza. Nel caso degli studenti con DSA ciò richiede ai docenti di ripensare la didattica per tener conto delle loro difficoltà, che sono anche, però, nello stesso tempo apertura su una diversa maniera di conoscere, di cui tutti (docenti e compagni di classe) possono beneficiare. Vi è poi la i di interdisciplinarità: le potenti possibilità offerte dagli ausili tecnologici sono ovviamente cruciali in tutti gli interventi in favore degli studenti con DSA, ma ciò non dovrebbe condurre a un’esaltazione tecnolatra. La mobilitazione degli strumenti compensativi – puntualmente censiti in questo volume –, per poter essere realmente efficace, deve rientrare all’interno del più ampio orizzonte che considera gli aspetti psicologici e quelli pedagogici. Ogni intervento dev’essere, in altre parole, ‘a misura 9 delle’ persone, delle loro esigenze e delle loro capacità e possibilità, e questo richiede a tutti i professionisti lo sviluppo di uno sguardo interdisciplinare, che deve essere vissuto come un rafforzamento della propria expertise e non come un suo indebolimento. Le due i summenzionate trovano il loro compimento in quella di inclusione, che non è il processo con cui chi rischia di rimanere ai margini viene semplicemente ‘immesso’ in un sistema, che resta però invariato, bensì il movimento, innescato dalle esigenze di chi sarebbe altrimenti escluso, di ristrutturazione del sistema e di riconfigurazione dei contesti, che alla fine va a vantaggio di tutti gli attori, secondo quella dinamica di crescita da cui si sono prese le mosse. Quella che si è qui sommariamente delineata è la filosofia che fa da sfondo ai saggi che costituiscono questo volumetto. Se il contributo di Elisabetta Genovese e Giacomo Guaraldi, due riconosciute autorità italiane in materia di DSA, cui siamo grati per la loro generosa partecipazione, fa il punto – scrupoloso e attento – sulle misure compensative e dispensative, gli altri saggi costituiscono, nell’ottica interdisciplinare di cui si è parlato – e che costituisce un marchio del Centro SInAPSi – la rielaborazione, l’ampliamento e l’integrazione di riflessioni e di materiali prodotti in occasione di un corso di formazione promosso dall’Ufficio Scolastico Regionale della Campania. Una delle cifre del testo, che ha un carattere volutamente praticodivulgativo, quasi di guida, è proprio l’alleanza fra Scuola e Università, in una logica di continuità e sinergia, cruciale per garantire ai soggetti un percorso formativo il più possibile ricco di opportunità di fioritura individuale. In questa prospettiva, l’ultima parte è interamente focalizzata sul passaggio dalla Scuola Secondaria di Secondo Grado all’Università e alla ricognizione dei servizi che gli Atenei, e in particolare l’Università Federico II, offre. C’è un senso profondo e inaggirabile in cui il volume è solo introduttivo: per la loro processualità ‘interminabile’ educazione e inclusione sono sempre aperte al futuro, vivono e crescono dal confronto con le nuove emergenze e con le innovazioni che la pratica innesca. Per adoperare un’immagine cui siamo legati, si può dire che siamo sempre in viaggio. E un testo – soprattutto questo, che sorge a ridosso di una legge recente – è solo un biglietto di ingresso di un itinerario verso nuovi spazi di inclusione.

Chi ha parlato di creatività e pensiero divergente?

Guilford Pensiero Divergente Il pensiero divergente fu elaborato da Guilford nel 1967 ed è caratterizzato da alcuni elementi, in particolare: La fluidità: ossia la quantità di idee prodotte, senza fare riferimento alla loro qualità

Come promuovere il pensiero creativo a scuola?

Un altro elemento che aiuta a sviluppare il pensiero creativo è l'utilizzo di materiali differenti come colori, costruzioni, materiali da manipolare, ecc; l'insegnante può iniziare a utilizzare i materiali a disposizione offrendo spunti ai bambini che poi possono scegliere in modo autonomo il materiale che preferiscono ...

Come promuovere la creatività e il pensiero divergente?

Ecco alcune delle cose che può fare un insegnante per accrescere creatività e pensiero divergente come stile di vita e come strategia didattica:.
Pianificare attività che abbiano un obiettivo comune..
Sondare, stimolare il pensiero del discente, investire la sua persona di ruoli e responsabilità.

Cos'è la creatività per Bruner?

“La creatività – osserva J. Bruner – si esprime nell'abilità e nell'attitudine ad intuire in modo immediato possibili relazioni formali, prima ancora di saperle dimostrare in un orizzonte logico”.